«Io sono la resurrezione e la vita»
1. Il cammino quaresimale si conclude con una grande illuminazione: il tentato, il trasfigurato, il pozzo d’acqua viva e l’Io sono la luce oggi si consegna alla nostra contemplazione come l’Io sono la resurrezione e la vita (Gv 11,25), «venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Il Vangelo di Giovanni sta tutto qui, è stato scritto «perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché credendo, abbiate la vita nel suo nome» (Gv 20,31). Nel nome di chi essendo Vita è via alla vita (Gv 14,6). E del tema della vita la resurrezione di Lazzaro è racconto esemplificativo, una drammatizzazione a ondate successive sullo sfondo delle resurrezioni operate da Gesù (Lc 7,11-16; Mc 5,22-43).
2. Nell’introduzione (Gv 1,1-6), in cui Marta e Maria notificano a Gesù che Lazzaro loro fratello è malato, vi sono alcuni passaggi che introducono all’intelligenza dell’intero racconto: «Colui che tu ami è malato» (Gv 11,3); «Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro» (Gv 11,5); «Questa malattia è per la gloria di Dio e del Figlio» (Gv 11,4). Ciò che sta per accadere va dunque letto come evento di un amore pieno di affetto nel quale è la gloria di Dio a narrarsi, vale a dire la sua sostanzio e solare verità di amico dell’uomo da non sopportarne la morte. Verità resa manifesta nel voler bene e nell’amicizia di Gesù, la cui gloria o verità sta proprio nell’essere e nel sapersi l’ Inviato a convertire la morte in sonno (Gv 11,9-10), nel caso nei confronti di un amico «già da quattro giorni nel sepolcro» (Gv 11,17), quindi irreversibilmente morto. I rabbini infatti ritenevano che per tre giorni l’anima continuasse ad aggirarsi attorno alla tomba, oltre no.
E quì iniziano i grandi dialoghi sul tema della vita e della morte, quelli tra Marta e Gesù (Gv 11,18-27) e tra Maria e Gesù (Gv 11,28-37) che precedono l’incontro tra Gesù e Lazzaro morto (Gv 11,38-44). Dialoghi che iniziano con il «Se tu fossi stato quì» (Gv 1,21). In queste parole di Marta, riprese da Maria (Gv 11,32), possiamo riascoltare l’eco dei millenni: Dio dove sei quando muore un uomo? Le due sorelle sanno che Dio è in Gesù il Signore venuto ad arrecare il dono regale o messianico della vita (Gv 11,27), per cui se eri quì « mio fratello non sarebbe morto» (Gv 11,21.32), ma hai scelto di rimanere distante (Gv 11,5) e Lazzaro non ha potuto esperimentare ciò che dice il suo nome: «Dio aiuta». Un Dio che in Gesù non si nega alla domanda e alla risposta: «Tuo fratello risorgerà» (Gv 11,23) perché: «Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà»(Gv 11,25). E non solo, come pensa Marta «nella resurrezione dell’ultimo giorno» (Gv 11, 24).
In termini scarni possiamo riassumere così il pensiero globale del Gesù di Giovanni: vi è una vita fisica destinata alla tomba e vi è una vita eterna che nessuna tomba può contenere: quella della comunione con il Padre: «Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20,17), e della comunione fraterna: «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli» (1 Gv 3,14), vita che oltrepassa ogni tomba. Gesù non è venuto a prolungare vite biologiche ma a donare ai destinati al sepolcro la vita eterna, quella degli amati per sempre che amano per sempre, sciolti dalla prigione della morte e del disamore. Egli ha il potere di fare questo (Ap 1,17-18), di fare cioè risorgere i morti preparando loro un posto accanto a sé (Gv 14,3), proprio perché è Amore e l’amore è Vita che genera vita. Che fare? L’unica cosa richiesta è la risposta alla domanda: «Credi tu questo?» (Gv 11,26), a Gesù il Risorto-Vivente che sta davanti a te come Vita datore della vita eterna qui e ora? Un dono che ove accolto genera nel presente la «compagnia dei risorti», visibile nell’adorazione dell’Abbà e nell’amore fraterno. Lì la morte seconda,eterna, non ha più presa e la morte prima, fisica, è un sonno per il risveglio e un attraversamento per la vita (Gv 5,24; 6,40; 8,51). Non resta allora che andare a Dio- vita presente in Cristo- vita (Gv 5,26; 14,6; 17,3) per avere la vita (Gv 5,40), da un Gesù-Signore che si commuove profondamente, che scoppia in pianto e che si turba indignandosi nei confronti della morte (Gv 11,33.35.38), e che urla: «Lazzaro, vieni fuori»(Gv 11,43).
3. Ma davvero crediamo che Dio in Cristo è un amico che vuol bene a ogni creatura chiamata a identificarsi in Marta, in Maria e in Lazzaro? Che Dio in Cristo si commuove e piange per ogni creatura che muore, turbato di fronte al fatto della morte? Che Dio in Cristo è solo apparentemente distante dalla malattia e dalla morte, sempre in viaggio verso il dolore e la tomba dell’uomo?: «Andiamo da lui» (Gv 11,15) a risvegliarlo (Gv 11,11). E ancora crediamo che «Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio? Chi ha il Figlio ha la vita» (1 Gv 5,11-12).
Siamo cioè veramente consapevoli che l’unica cosa che conta è il divenire dimora del Figlio che viene a noi e in noi per dischiuderci nell’adesso alla vita eterna? All’essere cioè amati dall’Amore e amare come amati. Un eterno e un permanente non relegati all’ «ultimo giorno» alla maniera di Marta (Gv 11,24) ma resi attuali dall’incontro con Gesù, ad esempio tramite la lettura di questa pagina, e non interrotti da nessuna morte fisica. Dove c’è la Resurrezione e la Vita, Cristo, non c’è la morte, essa è solo un passaggio naturale che introduce subito alla pienezza della vita, alla perfetta comunione. E questo senza mettere tra parentesi la resurrezione dell’ «ultimo giorno» che riguarderà appunto il compimento finale del tutto cosmico-umano oltre la stessa morte fisica. Questo ci ricorda la resurrezione di Lazzaro profezia di quella di Cristo e dei morti, mentre la frase finale di Gesù: «Scioglietelo e lasciatelo andare» (Gv 11,44), può anche voler dire liberatelo dai legami della vostra poca fede e lasciatelo andare al Padre giunta la sua ora.