In disparte per il Signore

Racconta il Vangelo di Marco che Gesù volle rimanere solo con gli apostoli dopo la loro prima esperienza missionaria:  «gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato».  È il seguito del Vangelo di domenica scorsa.

L’espressione «in disparte»  è talvolta adoperata per caratterizzare i momenti di preghiera di Gesù (Mc 9,2), ma anche il riposo e la riflessione dei discepoli (Mc  6,31). Un confronto col Maestro serve a verificare la missione compiuta e la fedeltà alla parola consegnata, aiuta lo sviluppo della intimità col Maestro e approfondisce la conoscenza del mistero messianico.

Questa iniziativa di Gesù rimane come  insegnamento per ogni tempo: c’è sempre bisogno di prendere la distanza dall’azione concreta mediante tempi di silenzio e di preghiera, perché nella conoscenza approfondita della Parola si conservi e cresca la freschezza, lo slancio e la forza per annunciare il Vangelo.  

Il silenzio, la solitudine, la preghiera, il reciproco ascolto comunitario non sono un ritirarsi dalla storia,  un estraniarsi dalla vita. Anzi, sono il primo mezzo di evangelizzazione. Secondo San Pietro, la fede e l’amicizia con Gesù , che risplende nella vita dei cristiani e particolarmente nella concreta esistenza di preti  e di persone consacrate, «conquista senza bisogno di parole quelli che si rifiutano di  credere alla Parola» (1 Pt 3,1). Occorrono – afferma Papa Paolo VI nell’enciclica Evangelii nuntiandi, 1975 – «ministri del Vangelo, la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo, e accettino di mettere in gioco la propria vita, affinché il regno sia annunziato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo» (EN,80).

La folla, tutta presa dai prodigi e dalle parole di Gesù, rende impossibile il riposo del Maestro e dei suoi discepoli.  L’entusiasmo della gente è forse reso da Marco con l’osservazione che la gente fece più alla svelta a fare il giro del lago a piedi che non Gesù e gli apostoli a traversarlo con la barca! (Mc 6,33).

La reazione di Gesù dinanzi alla folla – «molta folla» – è la commozione [«si commosse per loro»]. La commozione di Gesù è la compassione stessa di Dio  poiché non c’è nessuno che si occupi di loro e sono come pecore senza pastore.  Queste pecore sbandate sono uscite dalle loro case e dai loro villaggi per incontrare il Rabbi nel deserto ed egli non le delude: «si mise a insegnare loro molte cose». In seguito Marco ribadirà con maggior forza questa dedizione di Gesù: «La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare» (Mc 10,1).

Non è artificiale il  legame che Marco instaura tra insegnamento e formazione di un popolo. Siamo dinanzi a un gregge senza pastore, un gregge disperso: solo la Parola di Gesù può radunare e riunire gli smarriti e i dispersi. E dopo la Parola, il Pane; Parola e Pane che  saziano la fame integrale delle folle. Come il Signore realizza  nelle nostre Eucaristie.

C’è, dunque, un necessario «darsi» alla folla. E c’è un indispensabile «sottrarsi» alla folla. E ciò a vantaggio del pastore e del suo equilibrio, ma anche a vantaggio della folla stessa. La quale ha tutto da guadagnare da parte di una guida che ha il coraggio di «partire» verso luoghi solitari,  accettando di «perdere un po’ di tempo» per stare  in disparte col suo Signore. Il silenzio diventa il «luogo» dove il pastore accoglie la Parola destinata alla sua gioia di discepolo e al bisogno  grande del suo gregge.

*Cardinale