In «Cristo Re» Dio esprime il suo potere e il suo amore

DI GIACOMO BABINI Vescovo emerito di GrossetoDomenica 22 novembre, Cristo Re. Il giorno della conclusione dell’Anno Liturgico, la Chiesa ci invita a precisare nella mente e nel cuore la figura di Gesù nella sua vicenda umana e anche nel disegno del Padre che attraverso il Figlio esprime il suo potere ed il suo amore il quale abbraccia tutto il tempo e lo spazio al di la delle nostre limitate conoscenze. I Lettura: «Il suo regno non tramonta mai»Le letture anche in questa domenica iniziano con una visione del profeta Daniele. Il testo del profeta nella sua brevità ci dà una grandiosa immagine del Re dell’universo, non di una nazione appena o di tutta la terra, ma di tutto il creato attraverso una figura al di fuori di ogni misura umana. E’ indicato con il nome di Figlio dell’uomo, come Gesù diceva di se stesso, il Padre lo ha insignito con la dignità dell’eterna regalità in un istante fuori del tempo in cui non si può affatto distinguere tra piano della creazione e della redenzione. «Tutti i popoli, nazioni e lingue devono servirlo»: questo viene detto nell’Antico Testamento prima della croce. L’Apocalisse dirà la stessa cosa dell’«agnello come immolato». Questa designazione viene dall’eternità e non sarà mai distrutta. Vangelo: «Cristo si dichiara re solo nella sua passione»In un momento particolare della passione Gesù riprende l’immagine dell’antico profeta, la definisce meglio e la applica a se stesso. Durante la vita pubblica, quando lo si voleva fare re, egli si era sottratto, sarebbe stato solo un malinteso (Gv 6, 15). Ma ora che egli si avvia alla sua crocifissione può e deve manifestarsi come colui che è: origine e fine del mondo, come lo chiama 1’Apocalisse. Gli inevitabili malintesi non sorgono più: Pilato non comprenderà l’essenza della pretesa regale, i giudei la rifiuteranno. Ma Egli insiste: «Tu lo dici, io sono re», perché «sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità». La verità è l’amore del Padre per il mondo, amore che il Figlio rappresenta nel suo vivere, morire e risorgere. La croce è la dimostrazione della verità che cioè il Padre ama a tal punto la sua creazione da consentire l’immolazione del Figlio. E l’iscrizione fatta porre da Pilato sulla croce nelle tre lingue del mondo di allora, testimonia senza che Pilato se ne rendesse conto, questa verità, affermata dalla Scrittura e affermata da quell’uomo carico di mistero che il procuratore romano, si trova a dover giudicare. Si può certamente dire che Gesù, l’umiliato fino alla croce, con la sua risurrezione dalla morte viene instaurato come dominatore del mondo. Ma questo è possibile solo perché egli era stato scelto per questa regalità a partire dall’eternità, anzi la possedeva da sempre in quanto la creazione del mondo non avrebbe avuto luogo senza la previsione della sua croce (1 Pt 1, 19). Egli viene insignito di una dignità che possedeva da sempre. II Lettura: «Io sono l’Alfa e l’Omega»Nella seconda lettura appare ancora il redentore universale, ma nel suo aspetto glorioso più caro e più vicino all’umantà: è Cristo Risorto il quale porta in sé nella gloria anche la natura umana, e la vicenda dell’uomo peccatore e redento. Poiché egli, che si è dichiarato re davanti a Pilato, «ci ha redenti con il suo sangue», «ci ha ricondotti davanti a Dio, suo Padre», ci ha associati al suo sacerdozio per il bene spirituale di tutta l’umanità. Con questo non si intende solo il ministero terreno ecclesiale per il servizio di alcuni, ma il sacerdozio di tutti i veramente credenti. Cristo in quanto re dice di sé: «Colui che è, che era e che viene». L’Alfa e l’Omega. Il fatto storicamente irripetibile del suo patire e morire, per la felicità di tutti gli uomini, dovrà finalmente convincere l’umanità che ogni altra via non porta alla vita, ma al nulla e al pianto per averla trascurata nonostante l’offerta amorosa e ripetuta di essa.