Il sale e la luce siamo noi
Ciò che è ben condito ha sapore. Ci accorgiamo subito quando manca il sale. Il sale condisce e preserva dalla corruzione. Nel nostro caso si parla di sal sapientiae: simbolo di sapienza, di amicizia, disponibilità. La comunità ecclesiale è sale quando assume il sapore delle beatitudini, perché son queste a dare sapore; il sapere! Sapere vuol dire avere il sapore. Attenzione ai termini, a volte usiamo le parole ma non ne conosciamo il vero significato e preferiamo evitare parole perché le avvertiamo lontane.
Noi siamo sale della terra. Il legame con la terra è importante. Essere sale della terra non è solo per me, ma dare sapore a chi sta accanto a me, essere appartenenti alla stessa terra mi rende legato all’altro. Se il sale non dà sapore, non serve è insipido. Questo verbo in greco ha la stessa radice di stupido, sciocco. Ci troviamo tra sale che sala e sale insipido che non ha sapore. Eppure il Signore lo mette in conto. Noi che sapore diamo alla nostra vita, con che cosa ci rendiamo saporiti? Non scindiamo mai la nostra vita dalla preghiera. Perché è la preghiera che dà sapore al nostro vivere quotidiano. In discepolo che non ha sapore di Cristo, che discepolo è? Voi siete la luce del mondo: non può restare nascosta una città posta sopra un monte. Chi ha il sapore di Cristo, diventa luce. La luce è il principio della creazione. Matteo vede Gesù come colui che illumina chi sta nelle tenebre. Anche la 1° lettura ci viene in aiuto: Se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce. In lui diventiamo luce, diventiamo figli, ridandoci nuovamente identità e sapore. Ma luce ha lo stesso sapore di sale della terra, e anche qui vi è un legame forte con terra. La città siamo noi comunità, la città è il luogo dove si vivono le relazioni. La candela si preoccupa di illuminare? No, brucia e bruciando illumina. La nostra identità di essere cristiani non può essere nascosta anche se non sempre si vede, il sale nella minestra non si vede eppure ha una funzione importante: rendere saporito.
Nessuno dà ciò che non ha. Né accendono una lucerna e la mettono sotto il moggio, ma sopra il lucerniere e fa luce a tutti nella casa. La lucerna è un contenitore di terracotta con uno stoppino che emerge dall’olio per essere accesa. Quindi come vediamo va accesa questa lucerna, non si accende per magia. Cosi anche noi se siamo in Cristo e ci lasciamo guidare da lui possiamo splendere della sua luce e fare luce in tutta la casa. Il moggio: era un contenitore dove si mette la lucerna per essere spenta. A volte anche noi spegniamo la nostra fede sotto il peso dell’opportunismo. Cosi risplenda la vostra luce davanti agli uomini, che vedono le vostre opere buone, e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli. Non è che dobbiamo esibirci davanti agli altri per dire io risplendo meglio di te, no! Ma le nostre opere buone possano edificare, far crescere chi mi sta accanto: figli, fratelli amici conoscenti, parenti, consorelle, confratelli, estranei, senza distinzione di categorie. Dinanzi a Dio non c’è una classifica di persone: tu vali più sale e tu meno e subentra una sorta di serie A e serie B. Certo dobbiamo aiutarci a crescere.
Quando l’albero è buono darà dei frutti buoni. Resta importante, per noi cristiani, assumere quel Siete il sale e la luce, che non è siate, quindi un’esortazione, un incoraggiamento. Non bisogna sforzarsi per qualcosa che già si è. Noi siamo immersi in questa realtà di beatitudine (beati voi) perché ciascuno diventi sapore e luce. Ma oggi ci viene chiesto anche di non perdere questo dono che ci è stato dato. Essere come il sale dando sapore, consapevoli che la sua funzione non emerge, ma resta nascosta, discreta. Come discreta resta la luce a servizio degli altri perché ci viene sì chiesto di illuminare ma non di offuscare. Lasciamoci aiutare dalle parole del Papa regalateci con l’esortazione Evangelii Gaudium: «Proprio in questa epoca, e anche là dove sono un “piccolo gregge”, i discepoli del Signore sono chiamati a vivere come comunità che sia sale della terra e luce del mondo. Sono chiamati a dare testimonianza di un’appartenenza evangelizzatrice in maniera sempre nuova».
Suor Tiziana Chiara