Il Regno dei Cieli cresce con pazienza dentro l’umanità peccatrice
Letture del 17 luglio, 16ª domenica del tempo ordinario: «Tu concedi la possibilità di pentirsi dei peccati» (Sap 12,13.16-19); «Tu sei buono, Signore, e ci perdoni» (Salmo 85); «Lo Spirito intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili» (Rm 8,26-27); «Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura» (Mt 13,24-43)
Se Dio intervenisse realmente nella storia umana, eliminerebbe questi mali che impediscono la nascita di un mondo perfetto (e della Chiesa perfetta) che andiamo sempre sognando. Ma quando pensiamo così, dimostriamo esattamente di non appartenere affatto al Dio di Gesù Cristo. Anzi di conoscerlo molto male. Ed è a questo punto che siamo in grado di capire bene le tre parabole che Gesù oggi ci racconta. Egli paragona il Regno di Dio a un granello di senapa, la più piccola delle sementi dell’orto, che crescendo diventa una delle piante di legumi più grandi.
Nella spiegazione che Gesù stesso dà della parabola, egli afferma che il campo è il mondo e che in esso vivranno, fianco a fianco, i figli del regno, i figli del maligno. Qualcuno vorrebbe sradicare subito la zizzania e cioè coloro che si credono giusti e vorrebbero far piazza pulita dei cattivi. Ma Dio non è di questo parere.
Il Regno dei Cieli non si impone con la forza né con qualsiasi altro tipo di violenza, fosse anche la più giusta per i frutti che potrebbe arrecare. Il Regno nasce dentro un’umanità peccatrice, lentamente trasformata dal dinamismo, profondo e misterioso, della presenza di Gesù. Come ci ricordano il Libro della Sapienza (12,13) e il Salmo responsoriale (85), Dio non solo è paziente, lento all’ira e grande nell’amore, ma soprattutto concede a tutti il tempo di convertirsi poiché anche in noi, come nel mondo, agiscono le forze del male che tendono a chiuderci nel nostro egoismo di possesso e di autosufficienza.
Il problema, allora, non è quello di eliminare le scorie impure, perché risplenda il fiore o la pianta. Ma di lavorare con la fiducia e la semplicità dei bambini, di pregare perché anche da queste scorie o sporcizia Gesù faccia nascere il vero fiore. Per questa ragione, Paolo, nel brano della Lettera ai Romani (8,26), ci dice a chiare lettere da dove nasce la vera santità cristiana: «Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili». I gemiti inesprimibili sono quelli di Dio. Sono i gemiti dell’amore e della compassione per cui il Signore, in definitiva, è più umano degli uomini.