Il regalo di Gesù: poter dire «Padre nostro»

Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare. E Gesù disse: Quando pregate dite: «Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, dacci oggi il nostro pane quotidiano, perdonaci i nostri peccati perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore e fa’ che non cediamo alla tentazione». Come si vede, questa formula è più breve di quella riportata dall’evangelista Matteo, ma sostanzialmente hanno gli stessi contenuti.

I discepoli hanno visto pregare Gesù; il suo volto radioso, i suoi occhi ricolmi di luce li hanno incantati, inebriati. Ecco che uno chiede a Gesù: insegnaci a pregare (come sai pregare tu!). E Gesù ci dona il Padre Nostro. Ci mette subito nell’atteggiamento di figli, che si rivolgono al loro padre, con la massima confidenza e fiducia, massima familiarità. Babbo caro! Abbà! Come il bambino in casa si rivolgeva al suo babbo. Questo è l’atteggiamento di fondo quando ci mettiamo a pregare. Qualcuno ha scritto: Mai un uomo è tanto grande come quando parla con Dio; mai è tanto alto come quando prega Dio. Siamo autorizzati da Gesù, per questo «osiamo dire», abbiamo l’ardire di dire: Abbà, Babbo caro! Siamo chiamati e siamo realmente figli di Dio, scrive san Giovanni. E san Paolo: avete ricevuto uno Spirito da figli, per mezzo del quale gridiamo: Abbà, padre!

La preghiera prosegue: sia santificato il tuo nome. Dal profeta Ezechiele apprendiamo che Dio santifica il suo nome donando il suo Spirito, togliendo il cuore di pietra e donando un cuore di carne; purificandoci da tutte le nostre sozzure. Santifica il tuo nome: svèlati, rivèlati, perché da tutti i tuoi figli tu sia conosciuto, celebrato, osannato, glorificato!

Venga il tuo regno: di luce, di verità, di pace e di fraternità, di riconciliazione e di unità. Si instauri come lievito nella pasta della storia, come sale nei solchi della terra.

Spezza ogni giorno il pane necessario per i tuoi figli. Ti chiediamo solo il necessario, per ogni giorno; da condividere alla tavola della convivialità fraterna. Scaccia ogni avidità di accaparramento, di egoismo, di idolatria di avere, di possedere.

Perdonaci i nostri ripetuti peccati. Vogliamo anche noi, perdonati, saper perdonare; riversare il tuo perdono di diecimila talenti d’oro per i cento denari d’argento, dei fratelli creditori. Sul modello del tuo, sia il nostro piccolo perdono.

Nel momento della tentazione fa’ che non cediamo! Anzi, risparmiaci la tentazione; fa’ che non vi entriamo! Siamo inclini a peccare, che facilmente cediamo. Fa’ che non ci allontaniamo mai da Te.

La pagina del vangelo prosegue con la parabola dell’amico importunato. Non c’è spazio per commentarla, metto in rilievo appena tre momenti: l’amico va sicuro a bussare all’altro amico per avere tre pani. L’ora è la più inopportuna e l’amico importunato glielo fa osservare, ma inutilmente, perché è tanta l’insistenza che l’importunato è costretto a soddisfare la sua richiesta. Il messaggio è lampante. Ed è tanto più rafforzato da quanto Gesù aggiunge, portando l’esempio del padre verso il figlio: mai gli darà una pietra al posto del pane, né tanto meno un serpe al posto di un uovo. Ebbene, dice Gesù: Voi vi comportate così verso i vostri figli e Dio (!), padre vostro celeste, quanto più darà lo Spirito a coloro che glielo chiedono! Tante volte riscontriamo i silenzi di Dio, i ritardi di Dio, come se la nostra preghiera sia rimasta inascoltata. Teniamo presente: i tempi di Dio sono diversi dai nostri; al Signore preme infinitamente di più la salvezza della nostra anima che del nostro corpo. Tutto torna a bene per coloro che amano Dio. Sentiamolo sempre padre, che veglia con amore su di noi, divinamente amati quali suoi figli.

*Sacerdote cappuccino