Il primo miracolo di Gesù
Letture del 14 gennaio, seconda domenica del Tempo Ordinario (anno c): «Gioirà lo sposo per la sposa» (Is 62,1-5); «Hai fatto nuove, Signore, tutte le cose» (Salmo 95); «L’unico e medesimo Spirito distribuisce a ciascuno come vuole» (1 Cor 12,4-11); «Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea» (Gv 2,1-12)
Il racconto è introdotto dalle parole di San Paolo (seconda lettura), il quale elenca i vari carismi, cioè quelle grazie speciali e quei doni anche straordinari elargiti dallo Spirito Santo per l’utilità comune, e che pertanto, come ci ammonisce il Vaticano II, vanno usati a favore della comunità, e sottomettendosi al giudizio di coloro che presiedono nella Chiesa, cioè del Papa e dei Vescovi (Lumen Gentium, 12).
Questo racconto è denso di spunti di meditazione, poiché la presenza di Gesù ad un banchetto nuziale conferma la sua partecipazione alle semplici gioie dell’umanità, evidenzia la santità del matrimonio, ricorda la pace e serenità della Vita eterna, tante volte da Lui paragonata ad un convivio, così come ricorda l’arrivo dei Magi alla Grotta di Betlemme e la Teofania susseguente al Suo battesimo per le mani del Battista che sono, come il miracolo di Cana, manifestazioni di Gesù alle Genti
Il testo del Profeta Isaia, che apre la Liturgia della Parola, ci fornisce una diversa pista (prima lettura): nel cantare il ritorno del popolo ebraico a Gerusalemme, la Città santa per eccellenza, Isaia personalizza la città e la paragona ad una sposa che attende lo sposo, che è il suo Signore, il suo costruttore, e conclude esclamando: «come gioisce lo sposo per la sua sposa, così il tuo Dio gioirà per te!».
Facendo nostra questa chiave di lettura, diremo che a Cana Gesù non è un semplice invitato, ma che è proprio lui lo sposo, e sua sposa è Gerusalemme, che rappresenta non solo il Popolo ebraico, ma anche noi tutti i battezzati, che formiamo il nuovo Popolo di Dio; ricordiamo infatti che, seguendo le orme di Isaia e degli altri Profeti che avevano paragonato l’amore di Dio per il suo Popolo all’amore dello sposo, San Paolo vede nella Chiesa la sposa di Cristo, ed applica il simbolismo dell’amore nuziale all’amore del Cristo per la sua Chiesa (Ef., 5,2.25-27.32).