Il potere di diventare figli di Dio

La liturgia oggi ci ripropone il tema dell’Incarnazione. Questa domenica fa da ponte tra il Natale e l’Epifania, un’occasione per lasciar posare la gioia del mistero cristiano celebrato nelle liturgie precedenti per aprire il cuore a ciò che la Chiesa propone nel tempo  ordinario.Il prologo è come una grande sinfonia iniziale, una composizione che canta la preesistenza del Verbo, la sua presenza, la sua venuta in mezzo al popolo. «Questa pagina, così breve è lo sguardo dell’aquila sull’infinito. Essa ha posto San Giovanni al vertice di coloro che hanno contemplato le cose di Dio». (Lacordaire) La festa che celebriamo è la venuta di Dio tra gli uomini e il nostro avvicinarci a lui affinché, abbandonato l`uomo vecchio, ci rivestiamo del nuovo. L’evangelista Giovanni inizia il suo Vangelo in modo totalmente diverso rispetto ai sinottici,  parte da ciò che era prima del «principio» della creazione, da ciò che le ha dato origine: il Logos, che «era presso Dio ed era Dio». Cristo è il Verbo incarnato. Ciò che preme a  Giovanni è proprio questo: donare a tutti gli uomini  la ricchezza delle parole che lui ha udite, le parole «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi»(1Gv 1,3). In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. La luce splende della sua bellezza e più splende e più scaccia le tenebre. Cristo è venuto per portarci la sua luce: ma i suoi non lo hanno accolto. Ma come è possibile questo? Eppure lui è venuto a portare la vita, quella che tutti da sempre hanno cercato, è venuto a spezzare le catene della schiavitù; eppure non tutti lo hanno accolto perché un Dio che si fa carne, presente, attivo non può essere più racchiuso in un pezzo di carta e gestito a uso e consumo proprio. Ma l’evangelista poi dice: a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio. Che meraviglia. Il potere non sta nelle cose, ma nell’essere figli e digli del Padre. Una gioia che ogni cristiano deve ri-cordare: siamo invitati ad ascoltare, a vivere questo rapporto di figliolanza, questo amore che viene a noi gratuitamente, un amore che sceglie la carne per farsi piccolo con i piccoli, da questo amore ciascuno dovrebbe sentirsi spronato ad andare e farsi annunciatore, a dire con la propria vita che il verbo di Dio si è fatto carne ed è in mezzo a noi. Sono significative le parole del maestro Eckart che sosteneva che l’anima  deve rendere possibile questa nascita (del Signore) evitando di generare altro «Cristo è venuto ed è in noi come una forza di nascite. Cristo nasce perché io nasca. Nasca nuovo e diverso: nasca figlio! Il Verbo di Dio è come un seme che genera secondo la propria specie, Dio non può che generare figli di Dio. Perché Dio si è fatto uomo? Perché Dio nasca nell’anima, perché l’anima nasca in Dio».

E in questo commento facciamo un piccolo cenno all’Epifania del Signore, la manifestazione di Dio all’umanità, rivelata dalla venuta dei Magi alla Grotta, guidati da una stella. Gesù Cristo è la luce e stella della nostra vita, Egli orienta e guidai nostri passi.

La stella della nostra vita è Cristo e incontrarla provoca in noi una gioia sconfinata. Un richiamo a questa prospettiva di gioia e di salvezza, di luce e felicità ci viene dal libro del profeta Isaia. L’invito ad alzarci, a risollevarci dalla condizione di debolezza e  di peccato. L’Epifania è aprire la nostra vita all’incontro con Cristo per far si che Egli prenda dimora nel nostro cuore; solo cosi si assapora la gioia di appartenenza.

Suor Tiziana Chiara