Il piano di Dio avanza nella storia al passo tranquillo di un asino
6 luglio, 14ª domenica del Tempo Ordinario: «Ecco, a te viene il tuo re, umile» (Zc 9,9-10); «Benedetto sei tu, Signore, umile re di gloria» (Salmo 114); «Se con l’aiuto dello Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete» (Gal 8,9.11-13); «Io sono mite e umile di cuore» (Mt 11,25-30)
DI MARCO PRATESI
Nel Vangelo odierno i piccoli, ai quali soltanto è rivelato il mistero del Regno di questo Messia umile e mite, sono invitati a imparare dalla sua mansuetudine. Ancora loro, i piccoli, sapranno riconoscerlo e acclamarlo come Re d’Israele mentre entra a Gerusalemme sopra un’asino, proprio come aveva profetato Zaccaria (prima lettura). Il brano è citato esplicitamente da Matteo e Giovanni in riferimento all’ingresso di Gesù in Gerusalemme, dove entra per sostenere, come povero integralmente affidato alle mani del Padre, l’ultima e suprema lotta contro la violenza. Sarà l’esperienza più forte della salvezza di Dio che la storia abbia mai veduto. Allora sarà chiaro – a Israele e ai popoli – quale sia la regalità del Messia e il potere di Dio che avanza nella storia.
Il profeta annunzia la pace e se, come per lo più si dice, egli vive nel IV secolo, ha presenti le guerre di Alessando Magno e dei suoi successori. Comunque lo si collochi cronologicamente, il messaggio non cambia: si vede avvicinarsi una figura singolare, un re a cavallo di un giovane asino. Non si fatica a ravvisarvi il Messia, ma l’apparato magnificente della corte davidica è scomparso. Tutto quello che si dice di lui è: giusto, vittorioso, umile, instaura la pace universale. In rapporto retto con Dio e gli uomini («giusto»), egli sperimenta pienamente la sua salvezza (dunque «vittorioso», ma i LXX e la Vulgata lo intendono in modo attivo: «salvatore»), proprio perché non si fa forte delle proprie armi ma del Signore («povero»). La sua azione pacificatrice non riguarda soltanto Israele (da nord a sud, Efraim e Gerusalemme), ma tutta la terra e ogni popolo. Israele è invitato da subito a giubilare, prima di tutto nella sua liturgia (come è suggerito dai verbi impiegati).
Il quadro presenta la fase finale del progetto di Dio. A pensarci bene è strano che il momento del trionfo sia presentato così. Questo re che trionfa rimane un povero! Questo re che trionfa rimane per sempre un povero salvato, simile a uno di quegli oranti del Salterio che, proclamandosi di fronte a Dio poveri, invocano da lui giustizia e salvezza, a volte sperimentandola, altre solo sperandola. La pace vera, personale e comunitaria, non può avere altro fondamento che la rinunzia ad ogni autosalvezza che, per affermarsi, non può non ricorrere alla forza, di qualunque genere. Il re messianico invece non impiega la forza, perché la sua forza è quella di Dio. Non per caso i LXX traducono l’«umile» del v. 9 appunto con «mite». Egli è mite.
I misteri del Regno sono aperti ai piccoli, e solo essi possono partecipare dell’esultanza di Gesù. Con Maria, la piccola invitata dall’angelo Gabriele a gioire per la venuta del Signore, anche noi siamo chiamati a questa gioia: «Viene il tuo Re». Il piano di Dio avanza infallibilmente nella storia al passo tranquillo ma sicuro del puledro figlio d’asina.
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