Il perdono: non c’è regalo più grande!

Dopo la parabola del Padre Misericordioso meditata e pregata domenica scorsa, ecco un’altra pagina splendida di vangelo, addirittura «il vangelo», potremmo dire. Sì, perché questa è proprio la notizia più bella che possa essere annunziata: il perdono dei peccatori! Riflettiamo non solo con l’attenzione della testa, ma soprattutto del cuore. Tutto il vangelo (e tutta la Bibbia) va letta con il cuore perché ci parla dell’amore di Dio per noi, ma in modo tutto particolare questo episodio va ascoltato con il cuore, quel cuore di carne che, purtroppo, non avevano gli scribi e i farisei. Prima di introdurci, come dicevo, nella lettura attenta del brano, merita rispondere ad una domanda che, forse, è sorta dentro di noi. Perché nell’anno liturgico in cui si medita soprattutto il vangelo di Luca, ci viene presentato una brano del vangelo di Giovanni? Non si tratta di una piccola usurpazione? Gli studiosi della Bibbia ci dicono che non si tratta di una usurpazione, ma di un accostamento naturale al vangelo di Luca, perché questo episodio ne riprende bene lo stile, tanto che si potrebbe dire che l’ha scritto Luca stesso e, poi, non si sa bene per quali vicissitudini, è finito nel vangelo di Giovanni. Comunque sia andata la vicenda del testo, per noi è importante perché è Parola di Dio come ogni altra pagina del libro sacro. Soddisfatta questa piccola curiosità, veniamo al testo e ascoltiamo con gli orecchi del cuore.

Il brano, benché breve, si suddivide in tre parti. Nella prima i farisei e gli scribi portano la donna adultera e la pongono in mezzo davanti a Gesù e interrogano il Maestro sul dar farsi nei confronti della donna. Nella seconda parte viene riportato il comportamento di Gesù di fronte alla questione posta dai farisei e dagli scribi: silenzio meditativo (Gesù scrive per terra), parola sulla quale invita gli accusatori della donna a confrontarsi, terza parte il quadretto finale di Gesù che rimane solo con la donna.

Cerchiamo di comprendere il testo anche se per forza di spazio, possiamo solo sfiorarlo per la ricchezza dei suoi contenuti espliciti, ma anche impliciti. Gli scribi e i farisei si accostano a Gesù non perché importi loro della donna, ma perché vogliono avere un altro pretesto per condannare e uccidere lui. E’ sempre il solito tranello che tendono a Gesù, sperando che prima o poi vi cada in modo da essere giustificati a chiederne la morte. Domandiamoci: quando noi chiediamo «giustizia», il riconoscimento della verità, la salvaguardia di un «principio», lo facciamo davvero per amore della giustizia, della verità, del principio della loro affermazione, oppure sotto sotto si tratta di difendere un proprio interesse, mascherato sotto l’apparente difesa di quei principi che poi noi stessi in altre circostanze non rispettiamo?

Come il suo solito non dà risposta diretta alla questione postagli, ma invita i suoi interlocutori ad andare più a fondo al problema e costringendoli  a riconoscere la propria malafede e all’impossibilità di accusare Gesù. Questo è accaduto in modo chiaro nella questione se è lecito o no pagare il tributo a Cesare e appare chiarissimo ora. In pratica Gesù dice loro: chi siete voi per giudicare di peccato questa donna e ucciderla? Forse siete senza peccato? Bene: chi è senza peccato scagli la prima pietra! E torna a scrivere per terra. Mentre il Maestro scrive di nuovo per terra, gli accusatori della donna si allontanano uno ad uno cominciando dai più anziani. Interessante questa annotazione di Giovanni: non è detto, infatti, che i più anziani siano migliori dei giovani, e poi perché mentre il giovane è più schietto e nasconde meno le sue malefatte, l’adulto è più subdolo ed è più capace di nascondersi dietro le apparenze.

Terzo quadretto: rimangono la «misera» (l’adultera) e la «misericordia» (Gesù). Il cuore di Gesù si avvicina al cuore misero della donna e lo purifica e lo infiamma del suo amore: «Neppure io ti condanno. Va’ e non peccare più». L’episodio finisce qui. Ma quale non sarà stata la gioia della donna? Sa che nonostante il suo peccato Gesù, il Maestro, la ama ugualmente e sarà l’esperienza di questo amore che la aiuterà a non peccare più. Potremmo dire che questa peccatrice, per l’amore di Gesù non compromesso dal suo peccato, «rinasce», «risorge», ha un «cuore nuovo», finalmente «vive», senza la paura della legge perché ama Colui che l’ha amata per primo. Regalo più grande non poteva avere, anche perché non aveva fatto niente per «meritare» l’amore … Il perdono non le viene accordato perché ha cambiato il suo cuore, ma perché ne riceva la forza per farlo.

Grazie, Signore, del tuo «eterno» amore! Dammi la grazia di non dimenticarlo mai!