Il «Padre nostro», un dono di Gesù
1. Il Pater è un «dono» offerto da Gesù uomo di preghiera – maestro di preghiera ai suoi discepoli di ieri e di oggi che gli chiedono di venire iniziati a una forma di preghiera che li contraddistingua come quelli che pregano secondo l’ammaestramento di Gesù, così come vi era una preghiera tipica dei discepoli del Battista (Lc 11,1). Richiesta: «insegnaci a pregare», accolta: «Quando pregate, dite». Un dire che fa della preghiera dono una preghiera «dialogo», un rivolgersi al Dio di Gesù alla stessa maniera di Gesù introdotti nella sua singolarissima esperienza orante. È la sua preghiera o dialogo con il Padre a venire incisa nel cuore del discepolo e posta sulle sue labbra, preghiera sparsa nel Vangeli (Mc 11,25; 14,36.38; Gv 4,34; 12,27-28; 17,25) e riassunta a proprio modo nelle versioni di Matteo (Mt 6,9-13) e di Luca (Lc 6,2-4). Preghiera che domanda di essere recitata con lo stesso atteggiamento filiale di Gesù, evento reso possibile dallo Spirito che viene dato a quanti lo chiedono e lo cercano senza stancarsi bussando alla porta del Padre (Lc 11,5-13). Spirito uguale a soffio che risveglia la nostra coscienza alla conoscenza di essere figli alla maniera di Gesù il Figlio: «E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre» (Gal 4,6). Nel Figlio leggiamo noi stessi come figli del medesimo Padre, questo suggerisce a noi il Soffio inviato. Figli, e la preghiera dono-dialogo diventa «illuminazione», che sanno con chi parlano, il Padre di Gesù e nostro, iniziati a sapere cosa dirgli, cosa chiedergli.
2. «Padre, manifestati e fatti riconoscere per quello che sei, Santo nella tua regalità piena di passione per i poveri della terra; nella tua preoccupazione per il pane di ogni giorno; nei tuoi perdoni mai conclusi che dischiudono al perdonare; nella tua prossimità amica e sollecita nel tempo della prova, quando la tribolazione minaccia la fiducia in te, e nella tua promessa del Regno eterno». Un pregare che coinvolge il nostro esistere, chiamati sulle orme di Gesù che è ciò che prega e ciò che insegna, a divenire ciò che preghiamo: «Padre, manifesta e fai riconoscere giorno dopo giorno la tua santità-diversità in noi e nella nostra prassi regale verso gli ultimi della terra; nella condivisione di un pane accolto come dono faticato, ringraziato e usato con sobria misura; nella sovrabbondanza di reciproci perdoni che riaprono cammini; nel sostegno che impedisce di divenire prede della sfiducia, della disperazione e del disamore nelle durezze della vita, e nell’attesa del tuo futuro di luce senza mali e senza morte». Pertanto nel dire «insegnaci a pregare» è incluso il dire «insegnaci a vivere», a distinguere ciò che rende una esistenza altamente umana, l’essere il riflesso della paternità di Dio nei confronti della creazione nel bisogno, e a domandare chi lo rende possibile, lo Spirito di intelligenza e di forza.
3. Nel tempo della crisi della preghiera ciò che è richiesto è il riandare a scuola di preghiera da Gesù uomo-maestro di preghiera per riacquisire da lui la propria «identità orante» riassunta nel «Padre nostro». In esso dal Signore iniziati a chi rivolgersi, a suo Padre; a che cosa chiedergli, ciò che egli insegna; a come parlargli, con il suo stesso atteggiamento filiale; e perché, per ricevere il dono della illuminazione circa Dio, circa sé stessi come figli, circa i reali bisogni dell’uomo riassunti nel Pater e circa il nostro ruolo in tutto questo, essere la mano della paternità di Dio. Nell’attesa invocata dei nuovi cieli e di una terra nuova. Un pregare con Gesù nello Spirito e in comunione con la Chiesa di tutti i luoghi e di tutti i tempi accomunati dalla stessa preghiera del Pater. Chiese lette come frammento del tutto, a partire da Israele nel quale il Pater affonda le sue radici fino all’umanità tutta e all’intera creazione. Dicendo il Padrenostro lo diciamo in comunione, a nome e a vantaggio dell’insieme umano-cosmico.