Il mistero di una vita nuova
La festa dell’Assunzione di Maria ci riporta, per il suo significato, ad una ambientazione pasquale, al mistero della vita nuova in Cristo risorto che essa ci manifesta, l’ingresso nel tempo presente di una dimensione nuova che scardina l’andamento normale del suo corso, una contrazione, uno snodo inaspettato che apre una breccia su una realtà definitiva, la vita piena del regno.
Come avviene quando c’è un corto circuito, vi è una scarica di energia, una scintilla che può darci un certa apprensione, perché è comunque una perturbazione nello svolgimento lineare del tempo e della vita. L’apertura di un senso nuovo che è il frutto della Pasqua di Cristo, o, come si diceva con termini catechistici più tradizionali «la riapertura delle porte del paradiso», si scontra con questa vita che scalpita, non si tratta solo di porte che si sono riaperte, ma di una corrente che tracima nel presente, come il Giordano che si volge indietro nelle parole del Salmo (Sal 113,3).
È come il bollire del vino nuovo nei vecchi otri che continuiamo a rivestire e che a volte si squarciano, per fortuna, ma in contemporanea vi può essere anche tutto il mondo vecchio che non si rassegna affatto e tenta un ultima resistenza, in modi più o meno eclatanti. Vi è, in un certo senso, una sorta di fretta pasquale, come quella della notte dell’Esodo, che forse non ci permette, come vorremmo, di sederci a discettare in modo pacato sui pro e sui contro, spesso occorre decidersi abbastanza velocemente: partire o no? Guardare a queste «esplosioni» che illuminano il futuro, Cristo innanzitutto, ma anche Maria e prima di lei Elia, cocchiere di Israele (cf. 2Re 2,11), e ancora prima Enoch che camminò con Dio (cf. Gen 5,24); oppure rinchiudersi nell’amarezza perché in fondo la morte non è stata ancora sconfitta, rimandando tutto a quando il programma sarà esposto in modo più chiaro?
Ma la Pasqua è proprio questo cammino dietro a una luce che illumina un tratto nella notte, con un nemico che insegue alle spalle (cf. Es 14,10.20), il parto di una parola di fronte al drago che cerca di distruggerla, la ricerca di un luogo sicuro nel deserto (Ap 12,1-10; 1a lettura). E se Paolo, nelle seconda lettura di oggi (1Cor 15,20-27), sembra sottolineare come questa corrente di vita nuova debba passare attraverso una serie di passi successivi, svilupparsi gradatamente nel corso della storia riservando alla morte l’ultimo colpo risolutivo, nel Magnificat (Lc 1,39-56) ritroviamo l’esultanza pasquale del cantico di Mosè (cf. Es 15,1-18): il Dio che «ha gettato in mare cavallo e cavaliere» è lo stesso che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, colui che nel grembo della storia, come in quello di Maria, continua a operare la liberazione del suo popolo.
*Cappellano del carcere di Prato