Il miracolo più bello è il perdono dei peccati

Letture del 23 febbraio, 7ª domenica del tempo ordinario: «Per riguardo a me non ricordo più i tuoi peccati» (Is 43,18-19.21-22.24-25); «Rinnovaci, Signore, col tuo perdono» (Salmo 40); «Gesù non fu sì e no, ma in lui c’è stato il sì» (2 Cor 1,18-22); «Il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati» (Mc 2,1-12)

DI ANGELO SILEIFaccio una cosa nuova: aprirò una strada nel deserto. Io cancello i tuoi misfatti, non ricordo più i tuoi peccati». Fu la promessa di Dio per bocca del profeta Isaia. E per il popolo di Israele si compì il tempo triste del suo esilio: attraversò il deserto e da Babilonia ritornò a Gerusalemme. Fu una esperienza di salvezza spirituale e politica.Con Gesù un evento mai visto si attua davanti agli occhi di tutti: un uomo viene perdonato dei suoi peccati e liberato dalla sua malattia. Se ne va alla fine alleggerito di ogni peso, risanato nello spirito e nel corpo. L’annuncio del regno prende strade nuove e più profonde: tocca non solo il corpo ma anche lo spirito. Molte guarigioni avevano segnato l’inizio della predicazione di Gesù. Ora la sua parola si avventura su un fronte inaudito e gli uomini sentono una dichiarazione che può venire solo da Dio: «ti sono rimessi i tuoi peccati». Di fronte a questo evento e a questa pagina del vangelo mi piace fare spazio ad una bella riflessione di Luigi Santucci. «- Figliolo, i tuoi peccati ti sono perdonati. Ma dov’è l’allegria per il gran beneficio? Il maestro si guarda attorno: gli occhi sono abbassati, la facce deluse. E in quelle facce, ben leggibili, le parole del ringraziamento: – Costui non ha dunque capito. Avremmo fatto tutta questa fatica di scoperchiare il tetto perché gli perdonasse i peccati?– Non ha capito. Avevo sperato, stasera, di correre lungo i viottoli dell’orto…Infatti, non questi doni vogliamo. Correre con le nostre gambe guarite. Sfamarci se abbiamo fame, bere se abbiamo sete, salvarci se la barca affonda, vedere sentire toccare vivere a lungo: per questo veniamo a cercarti, e se c’è bisogno scoperchiamo i tetti. Se ci ridai l’innocenza e la pace del cuore, borbottiamo: – Tutto qui?Gesù cerca inutilmente in quelle facce un segno di gioia. Solo una maligna contentezza traspare nel gruppo dei farisei. Rimettere i peccati spetta a Dio solo. Egli oggi ha bestemmiato. L’hanno colto in fallo. – Ma dite, – grida Gesù – che cosa è più facile? -. E nessuno risponde. E saremmo tutti là ancora oggi, muti, in quella casa di Cafarnao; e il silenzio, per non eternare la nostra viltà, lo rompe ancora lui, con il comando questa volta miracoloso: – Alzati e cammina. Tutti adesso sono allegri. Il rabbì di Nazaret è un Dio. Stasera lo storpio correrà lungo i viottoli e tutti balleranno. Uno si allontana solitario. E prende, per trovarsi col Padre, la strada del monte». Questo prodigio compiuto da Gesù a Cafarnao è certamente l’offerta di un dono. È un dono straordinario che nessun uomo e nessuna comunità ci può garantire: il perdono del mio peccato. Dagli uomini e dalla comunità può venire solo giudizio e sentenza, e una pena da scontare. Da Gesù viene il perdono, l’allontanamento del peccato, «come l’oriente dista dall’occidente». Ma questo prodigio è anche un appello: a cercare la pace del cuore, la guarigione dello spirito, la riconciliazione con Dio. Gesù opera anche per questo. Se ha cominciato con il corpo, vuole finire nello spirito. Se ha iniziato con la guarigione dalla malattia, vuole arrivare alla guarigione dal male. Così deve anche agire ogni discepolo di Gesù: cercare Dio per la guarigione dello spirito e del corpo e avere a cuore il bene totale di ogni uomo. Il cristiano sa bene che insieme al pane si deve cercare e dare l’amore, insieme al vestito si deve cercare e dare il benessere interiore, insieme alla salute si deve cercare e dare salvezza. Il vangelo è terapia della vita. Produce uomini nuovi: nuovi dal profondo.