Il banchetto dell’Alleanza
12 ottobre, 28ª domenica del Tempo Ordinario. La Storia della salvezza nel suo lungo cammino attraverso i secoli, così come ce lo descrive la Sacra Scrittura, è caratterizzato da tante offerte divine e da risposte dell’uomo spesso segnate dal rifiuto. La durezza del cuore umano non pone fine alla misericordia di Dio
Nel testo della parabola parte di questo velo funebre sembra ricomparire, perché l’invito è fatto talmente generoso e importante, che non lascia alternativa, ad una umanità dura a convertirsi. Respingerlo significa morire. Tra Dio e l’umanità non solo rimane l’alleanza antica del Sinai, ma ne nasce una nuova. La nuova ed eterna alleanza. Il Padre nell’Eucarestia ci dona per sempre il Figlio, la cosa più cara e più grande che ha. E noi non solo siamo il suo popolo, ma diventiamo suoi figli perché redenti dall’amore e chiamati a vivere nello Spirito la stessa vita del Figlio unigenito.
Gli indifferenti che rifiutano di partecipare sono occupati nei loro affari. Non capiscono che non c’è proporzione tra le nostre cose quotidiane per le quali ci si accapiglia in continuità, e la chiamata di Dio. A volte prevale la leggerezza. Anche una cosa da nulla fatta con le proprie mani diventa preziosa ai nostri occhi e nel nostro diario. Purtroppo siamo stati educati a crearci di questi idoli. Altre volte invece non riusciamo a concedere agli altri i nostri stessi diritti e prevale la rissa. Bambini che si graffiano per poi piangere tutti e due. È questa la cronaca nera quotidiana e tante volte degenera ancora verso la ferocia e la morte. Il profeta Geremia annuncia la fine di Gerusalemme e Gesù riafferma la fine della città terrena. Questi pronunciamenti urtano la sensibilità di tanti i quali anziché convertirsi pensano che si potrebbe annunciare un Vangelo meno duro, così sarebbero in più ad accoglierlo.
Il secondo peccato è la mancanza di consapevolezza e di riflessione per cui un invitato entra nella stanza della festa come se entrasse in una taverna. Il re, pensa tra sé, dovrà essere contento perchè io non faccio come tanti altri, io sono venuto. Faccio quello che c’è da fare, mi metto in fila per andare a prendere il pane. Quest’uomo viene interrogato: Hai una minima idea di quello che fai, del cibo prezioso che ti viene offerto? A tanto quell’uomo non seppe cosa rispondere. Forse dopo la sua espulsione dalla sala avrà capito quanto ha perduto con la sua leggerezza. La veste nuziale non è la maschera della persona, ma l’intimo della persona che irradia di nobiltà tutti quelli che hanno risposto all’invito.