I segnali che ci indicano il cammino

Letture del 19 marzo, 3ª domenica di Quaresima: «Il Signore Iddio gli darà il trono di Davide, suo padre» (2 Sam 7, 4-5.12-14.16); «Tu sei fedele, Signore, alle tue promesse» (Salmo 88); «Abramo sperò contro ogni speranza» (Rm 4,13.16-18.22); «Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore» (Mt 1,16.18-21.24)

DI CARLO STANCARIQueste brevi nostre note di riflessione, presuppongono la lettura – meditazione dei brani biblici offerti dalla liturgia, questa volta la terza domenica di Quaresima.Dopo l’alleanza con Noè (prima domenica), dopo quella con Abramo (seconda domenica), oggi riascoltiamo le condizioni dell’alleanza sinaitica. Nella vita quotidiana esistono molti segni; anzi: la nostra comunicazione moderna è tutta fondata sulla lettura dei segni. Anche la vita cristiana è caratterizzata da segni che intendono indicare la direzione del nostro cammino, ciò che ci proietta nel futuro verso cui andiamo. La nostra esistenza è paragonata ad un viaggio dalla schiavitù verso la libertà vera. I dieci comandamenti (le dieci parole di libertà, così le chiama la cultura ebraica) che il popolo di Dio riceve da Dio sul Sinai, a suggello dell’alleanza andando verso la terra promessa, sono un’indicazione precisa, una segnaletica per non sbagliare direzione del cammino della vita.

Per Israele si tratta di camminare così secondo il disegno di Dio, di riconoscere che Dio è la sorgente della propria liberazione e di conformarsi a questa vita di libertà che Egli propone.

Quando Gesù scaccia i mercanti dal tempio, pone un segno rivolto verso il futuro.

Diversamente dagli altri evangelisti, Giovanni pone questo episodio all’inizio della sua narrazione e non alla fine, quasi a darci una chiave di lettura della vicenda di Gesù: tutto di Lui si comprende a partire dall’avvenimento della sua morte e risurrezione; a chi chiede altri segni di autorità e autorevolezza, Gesù non dà altra prova o segno. È Lui stesso il segno; è Lui la parola che attua nella storia la presenza salvante e vivificante di Dio; è Lui il «tempio crocifisso» dell’amore di Dio donato a tutti: bisogna che guardiamo a Lui, per vivere secondo il disegno di Dio.

«Quanto il Signore ha detto noi lo faremo (Es 19,8). È Dio la fonte del criterio per discernere il bene e il male; è Dio il nostro riferimento per illuminare la nostra coscienza che è chiamata a decidere di volta in volta come rapportarsi con il creatore e con gli altri.

Decidiamoci di tornare da colui da cui siamo allontanati.Dio scende verso l’uomo in quel tempio che è il vivente corpo di carne di Cristo crocifisso e risorto; noi, pellegrini dell’assoluto, assetati di una sapienza che non si compra né si vende, sappiamo dove trovare l’incontro che genera vita.

Perché Gesù è così severo con i mercanti del tempio: «Avete fatto della casa del padre mio una spelonca di ladri?» S. Bernardo, commentando, dice: «È molto più facile convertire un peccatore incallito, che far cambiare vita a un credente sbagliato». Avvertimento che vale anche per noi. Non si può usare Dio per interessi privati; ma soprattutto il perdono di Dio non si vende né si compra: si accoglie con umile e gioiosa riconoscenza, poiché Egli ci ha amati fino a dare il suo figlio per la nostra redenzione. Tutto si può deteriorare: la legge in legalismo esteriore e strumentale; la sapienza della tradizione in scusa per non avventurarsi sul nuovo di Dio; il tempio in stravolgimento (il vero luogo ben custodito non è il santo dei santi, ma il tesoro!). Ma se i segni non significano quello per cui sono stati voluti, a che cosa servono? Se la liberazione di ieri non diventa libertà reale di oggi, tutto perde di significato. E noi di chi siamo segno?