I miracoli di Gesù molto più di una semplice guarigione

Letture del 16 febbraio, 6ª domenica del tempo ordinario: «Il lebbroso se ne starà solo, abiterà, fuori dell’accampamento» (Lv 13,1-2.45-46); «La tua salvezza, Signore, mi colma di gioia» (Salmo 31); «Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo» (1 Cor 10,31-11,1); «La lebbra scomparve ed egli guarì» (Mc 1,40-45)DI ANGELO SILEII miracoli di Gesù non sono solo guarigioni: sono anche occasione di riscatto personale e sociale. Ne è esempio il lebbroso del vangelo.

Il vangelo di Marco, che quest’anno accompagna il nostro cammino di fede attraverso la liturgia, ci mostra un Gesù assediato dalla gente, provocato dai demoni, circondato dai malati. Ci dice poco delle sue parole. Ci dice invece molto sulle sue azioni. Marco vuole che ci lasciamo provocare dai suoi gesti, più che dai suoi discorsi. Vuole suscitare in noi l’interesse verso la persona di Gesù, prima che verso i suoi insegnamenti. Il vangelo è ispirazione a fare, più che a pensare. E una delle cose che Gesù ha fatto è stata quella di cambiare delle regole. Una di queste regole prescriveva la separazione ed esclusione dell’«impuro». Per salvaguardare la propria integrità e quella del popolo di Dio e delle cose bisognava tenere lontano tutto ciò che è «impuro»: cibi, cose, persone. Questo portava ad esclusioni ed allontanamenti drammatici. L’esempio più chiaro è quello dei malati di lebbra, malattia che intacca la pelle e quindi rende «impuri» davanti a Dio e davanti agli uomini. La misura di questa esclusione è resa bene dalle regole del Levitico nella prima lettura. Il lebbroso diventava un estraneo, un maledetto, un morto vivente. La motivazione non era solo quella del pericolo del contagio, ma era una vera e propria condizione di incompatibilità con Dio e con un popolo santo. Il suo destino era la solitudine e l’emarginazione.

Gesù incontra uno di questi esseri umani, e l’incontro travolge ogni regola. A leggere con attenzione il breve racconto di Marco ci rendiamo conto di trovarci davanti a due disobbedienti.

È disobbediente e intraprendente il lebbroso. Egli non va verso Gesù gridando «immondo, immondo!», come era suo dovere, ma lo supplica in ginocchio con insistenza. Non obbedisce poi nemmeno a Gesù che gli ordina di non dire niente a nessuno. Anzi si dà un gran da fare per pubblicizzare ciò che è accaduto.

È disobbediente Gesù. Di fronte alla supplica del lebbroso, non si allontana. Si lascia coinvolgere in un sentimento profondo di compassione e, trasgredendo la Legge, fa un gesto che nella sua semplicità può apparire insignificante: stende la mano e tocca il lebbroso, infettandosi della sua impurità. Quella mano tesa a toccare l’impuro è più efficace di mille parole. Rivela il regno di Dio in questo mondo più di tanti discorsi. Quella mano abbatte un muro, spezza un isolamento, infrange una barriera di emarginazione. L’annuncio del regno apre a nuove regole nei rapporti fra gli uomini. Nessuno può essere escluso. Nessuno deve essere lasciato solo. Nessuno è separato irrimediabilmente da Dio. Né il lebbroso né Gesù ci stanno a queste regole. La loro libertà è un germe di novità e di riscatto per tutti. Alla fine diventa positiva anche la libertà che il lebbroso si prende di fronte all’ordine di tacere dal momento che la gente da ogni parte ora si muove verso Gesù. Le regole hanno poco spazio nell’agire di Gesù soprattutto quando entra in gioco la compassione, l’amore profondo, la libertà, la dignità. È disposto anche ad entrare in gioco con la libertà che il lebbroso si prende e a muoversi di conseguenza: è lui ora che sta fuori in luoghi deserti, dove prima era il lebbroso. A tanto porta l’amore.

L’annuncio del regno di Dio in questo mondo si attua di nuovo non con proclami ma piuttosto stendendo la mano fino a toccare chi è messo fuori. La società, anche oggi, crea steccati, alza barriere, provoca emarginazioni. In questa società annuncia il regno solo chi non tiene conto di queste linee di demarcazione e avvicina ogni uomo, con amore, come ha fatto con tutti Gesù. Egli non ha solo guarito. Ha liberato. Ha riscattato. Ha restituito dignità davanti a Dio e agli uomini.