Giovanni Battista ci invita nel deserto

Domenica 24 giugno, Natività di San Giovanni Battista: «Io ti renderò luce delle nazioni» (Is 49,1-6); «Dal grembo di mia madre tu mi hai chiamato» (Salmo 138); «Giovanni aveva predicato prima della venuta di Cristo» (At 13,22-26); «Giovanni è il suo nome» (Lc 1,57-66.80)

DI BRUNO FREDIANI

Giovanni è il figlio di Zaccaria, il muto, e di Elisabetta, la sterile: la sua nascita prodigiosa annuncia l’arrivo dei tempi messianici nei quali la sterilità diventerà fecondità e il mutismo diventerà profezia abbondante. Si chiama «Battista» perché pratica un nuovo rito di abluzione nel quale il battezzato non si immerge da solo nell’acqua, come nei riti di quel tempo, ma riceve l’acqua dalle mani del profeta. Giovanni intendeva così affermare che l’uomo non può purificarsi da solo, ma che ogni santità viene da Dio.

È una figura che anche esteriormente, nel suo abbigliamento, nei cibi negli stili di vita e nei linguaggi mostra una grande austerità. Cose che forse aveva appreso dalle comunità del deserto, dove fin da giovanissimo si era ritirato per prepararsi alla missione di precursore del Messia.

Sappiamo più o meno cos’è il deserto geografico, cosa è, invece, lo spazio-deserto dove ci è possibile l’incontro col mistero di Dio, lo sapremo solo quando avremo compiuto quell’opera di spoliazione che ci situi in quella solitudine dove potremo contemplare faccia a faccia l’Invisibile e ascoltare la sua voce. È la spoliazione di tutte le maschere costruite su noi stessi. In questo deserto, la Voce ci comunica il suo messaggio: «Preparate la via del Signore». Esiste la via dell’uomo e la via del Signore: quella dell’uomo passa attraverso le costruzioni della mente, delle ambizioni, delle violenze, della potenza; quella del Signore sta nell’umile amore offerto a tutti gli uomini, nel silenzio della ricerca di colui che è vivente in mezzo a noi.

«Preparate la via del Signore» è accettare l’imperfezione e la precarietà di tutto quello che edifichiamo, è sentirne l’illusorietà, è cercare il terreno solido, percorso dal passo del Signore dove avvertiamo con sicurezza che le opere dell’uomo sono false e che tutte le descrizioni umane che ci vengono offerte del cammino di Dio sono menzognere.

Giovanni Battista si pone all’incrocio della strada dell’uomo e della strada del Signore, dove si trova Gesù, il vivente, presente e velato nei nostri rumori e nei nostri frastuoni e ci invita ad andare oltre tutte le sicurezze umane e materiali, per incamminarci verso l’infinito cammino che ci attende e che lui ci addita: diventare discepoli di Gesù.

Gesù è il vivente, presente e operante in mezzo a noi. Egli è nei sogni di pace, di giustizia, di bellezza, di verità che portiamo dentro di noi nelle oscurità e durezze della vita. È nei cuori che cercano in Lui, pellegrino senza frontiere, la loro vera terra. È nella Parola scritta proclamata nella comunità dei credenti e nel volto di ogni creatura e dei poveri.

Nel silenzio e nel deserto, noi, pellegrini dell’Assoluto, prepariamo la via del Signore, come ci dice Giovanni Battista, e su quella via incontreremo Colui che sempre viene e che sempre è, oltre le speranze e le costruzioni di uomini.