Gioite perché il Signore è vicino

DI GIACOMO BABINI Vescovo emerito di Grosseto14 dicembre, Terza Domenica di Avvento. Una domenica di incoraggiamento per coloro che fossero stanchi della penitenza, e di invito ad affidarsi allo Spirito  che  può rinnovare noi  e anche la faccia di questo mondo. I Lettura. Gioite perché il Signore è vicinoNoi aspettiamo Dio non nel timore, ma nella gioia. A parte l’attesa del Natale che tradizionalmente è la festa più intima e più vicina ai nostri sentimenti di quanto non lo siano le altre feste dell’anno. Ma  lo stesso ritorno di Dio per il giudizio, lo attendiamo  come una liberazione dal male, dalla morte, dalla paura… Dio realizzerà la nostra guarigione non dall’esterno magari con un miracolo. Dio realizzerà la nostra guarigione  dal nostro interno, come un organismo guarisce solo se si risana dentro. Dio ha  mandato il suo Santo Spirito nel nostro cuore, per darci la perseveranza nel cambiamento. ” come la terra che produce la vegetazione ed il giardino che fa germogliare i semi”.  La sorgente di  questo bene complessivo è il nostro cuore che a volte non sente più il richiamo del Padre, e in cambio allora diventiamo prigionieri di noi stessi, dei nostri limiti,  delle paure per il  mistero che ci circonda.  Una volta risanati dentro avvertiremo meglio che Lui è in noi da molto tempo. II Lettura. Adeguarsi all’opera di Dio in noiIl sentimento di gioia deve  crescere in noi, ci dice la seconda lettura,  attraverso la rivelazione della  “parola di Dio”, attraverso la conoscenza, meglio, la presa di coscienza, del suo disegno di salvezza. Un esempio di questa interiorità forte lo troviamo nella vita  di Maria che non solo “tratteneva nel suo cuore” quanto accadeva attorno a  Gesù, ma lo “confrontava” cioè non cessava di riflettervi. Al fine di capire quali messaggi ci potessero essere anche per lei,  perché la sua  fede fosse sempre più illuminata  e fedele al disegno di Dio,   e per dare allo spirito e a se stessa la possibilità di agire. L’apostolo Paolo dice ai  tessalonicesi  che la pace di Dio  deve investire tutto il loro essere: anima, corpo, spirito. E così Dio potrà rientrare nella sua proprietà da cui il peccato lo aveva allontanato. Vangelo. Più conosciamo la grandezza di Dio più amiamo Gesù Bambino.Il Vangelo  di questa terza domenica riporta il serrato dialogo tra Giovanni Battista e  gli inviati dei giudei, sacerdoti e  leviti del Tempio. Sono essi a moltiplicare le ipotesi: chi sei? chi sei! Giovanni risponde che non è niente di quanto pensano loro. Non vuol essere niente, non ha nessun programma se non quello di essere il riflesso della luce che lo ha investito; il testimone  del grande fatto che accade in quel tempo. I giudei, figli della promessa non riconoscono il tempo nel quale la promessa  si compie. Tanti europei oggi fanno ancora peggio: figli della cultura cristiana, la rinnegano e preferiscono sostituirla con la favole della festa sulla neve. Tolgono di mezzo anche  babbo natale perché quel termine “Natale” gli sta sullo stomaco più di un panettone avvelenato.

Il Battista c’è per testimoniare la presenza nel mondo di Cristo Redentore. Non si limita ad annunciarlo: lo indica con la mano: “Ecco l’agnello di Dio”. Fa con forza quello che poi sarà la missione dei tutti i cristiani. Una luce che appartiene a Dio della quale però ci rende partecipi e responsabili nel mondo. Nel senso che quanto più conosciamo lui tanto più conosciamo la distanza che ci separa da Lui,  quanto più gli lasciamo spazio dentro noi, tanto più accresce la nostra luce e possiamo  essere testimoni credibili.  Non si capirebbero diversamente i santi che  nel loro cammino verso la santità,  facevano anche un cammino di umiltà. Il Battista  sa che il suo battesimo nell’acqua del Giordano è un segno, quasi un simbolo del Battesimo dello Spirito che appartiene a Dio, e lo dice  con chiarezza perché non  vuole ingannare le persone trattenendole a se: vuole che vadano ad ascoltare e ad accogliere Cristo.