Gesù tornerà

XIX domenica del tempo ordinario. «Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate». (Luca 12,40) DI BENITO MARCONCINIQuesta forte esortazione alla vigilanza scaturisce da una verità tanto cara ai primi cristiani che ripetevano Marana tha, vieni Signore Gesù (1Cor 16; Ap 22,20). Il ritorno di Cristo è come un fascio di luce capace di rendere tutto relativo, al punto che una gioia non può bloccare il cuore, per la speranza di un gaudio maggiore, né una sofferenza schiacciarlo, poiché il ritorno di Cristo rende transitorio il dolore. Questo ritorno sicuro, qualunque ne sia la modalità (un’apparizione gloriosa del Signore o l’emergere di una sua presenza nascosta, come il rompersi del velo che la copriva), è incerto nella sua realizzazione cronologica, come sottolineano due parabole un po’ urtanti: Gesù, identificatosi con il Figlio dell’uomo di Daniele, si paragona infatti a un padrone di ritorno dalle nozze e a un ladro introdottosi in casa all’improvviso.

La venuta inattesa fa emergere un’altra verità: pensare al futuro non è dimenticare il presente; guardare al cielo non deve distogliere dall’attività terrena. Anzi Gesù esorta alla prontezza, come il Signore fece con gli ebrei nell’Esodo, anche se qui non si tratta di partire, ma di accogliere Cristo e di stare vigilanti («con le lampade accese»). La fatica, talvolta snervante dell’attesa, non è fine a se stessa. Il Signore Gesù che viene porta i suoi doni, svela il suo vero volto e dà ai fedeli quel pasto preparato per sé: «in verità, si cingerà le vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli» (Lc 12,37). Il ritorno di Cristo, anziché verità astratta, lontana dai problemi dell’uomo, è una molla capace di suscitare impegno verso il prossimo e di donare la pace, presente dove più nulla resiste a Dio e ogni gesto rafforza l’impegno e la comunione: la storia dell’individuo e dell’umanità trova compimento nell’incontro con Cristo.