Gesù si trasfigura per noi ogni domenica

Letture del 4 marzo, 2ª domenica di Quaresima: «Dio stipula l’alleanza con Abramo» (Gn 15,5-12.17-18); «Il Signore è mia luce e mia salvezza» (Salmo 26); «Cristo ci trasfigurerà nel suo corpo glorioso» (Fil 3,17-4,1); «Mentre Gesù pregava, il suo volto cambiò d’aspetto» (Lc 9,28-36)

DI BRUNO FREDIANILa trasfigurazione di Gesù avviene durante la preghiera. Luca ci fa vedere spesso Gesù in preghiera, soprattutto nei momenti decisivi della sua missione.

Sono con lui Pietro, Giacomo e Giovanni, quegli stessi apostoli che saranno testimoni della sua agonia nell’orto degli ulivi. Forse ha voluto prepararli a questo spettacolo doloroso, per rassicurarli, affinché in quel momento la loro fede non venisse meno.

Mosè ed Elia parlano con lui dell’«esodo» che dovrà sostenere a Gerusalemme; la voce del Padre lo indica Figlio che, come servo di Dio (v. Is 42, 1-8), è destinato al sacrificio. Ma oltre la sofferenza ci sarà l’evento della risurrezione, di cui la trasfigurazione è un anticipo.Questa luminosa manifestazione, scaturita dalla preghiera, suggerisce qualche riflessione sul significato che la preghiera assume nella vita dei credenti e delle comunità cristiane. La preghiera non è l’ultima spiaggia o l’estremo rimedio di disperati. Essa è momento in cui si approfondisce la comunione con il Padre e si esprime la relazione filiale nell’ascolto e nel dialogo: momento di confronto, di decisioni coraggiose e di conversione. Il discepolo che prega prende le distanze dall’autosufficienza del mondo, consente a Dio di trasformargli il cuore, si lascia guidare dallo Spirito per essere plasmato a immagine del Figlio. Se si confronta con disponibilità la propria vita con la logica che ha guidato Cristo alla solidarietà con gli uomini, e con la sua obbedienza al Padre, senza malinconici ripiegamenti su se stessi, si esce cambiati e si ritorna ai fratelli con la gioia dell’incontro con Dio. Il risultato sarà un più profondo senso di fiducia nel Padre nella certezza che egli guida la nostra storia personale e comunitaria verso il bene.«Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto… Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi…» (salmo). La preghiera del discepolo che rinuncia alla propria sufficienza diventa accorata invocazione, aperta alla speranza. Solo chi non ha nulla da difendere è in grado di affidarsi a Dio. L’Eucarestia domenicale, per il cristiano e per la comunità dei credenti è questo momento della preghiera fiduciosa di chi affronta quotidianamente l’esperienza del buio e del dolore. È lì che il Signore torna a trasfigurarsi, offrendo il suo corpo e il suo sangue glorificati dalla risurrezione e la sua parola che consola e fortifica.

Piena di gioia per la sua unione con Cristo, la comunità dei credenti, vorrebbe, come Pietro, perpetuare quella condizione: «Come è bello, Signore, stare qui» (lc 9,33). Ma viene il momento della discesa del monte, dell’«andate in pace», del ritorno alla quotidianità e alla normalità della vita. Ognuno, però, porta dentro di sé, nel silenzio del proprio cuore, la gioia e l’emozione di questa esperienza intima e inenarrabile, che lo rende capace di affrontare con fede e coraggio ogni fatica e ogni dubbio.