Gesù può guarire le nostre infermità

La liturgia di questa domenica ci vuole dire una cosa importante: Gesù viene a guarire le nostre malattie, le nostre infermità. È lui il nostro rifugio, è Lui che ci libera dall’angoscia. Il breve racconto che il Vangelo ci presenta è davvero una piccola perla da contemplare e da vivere. Mi colpisce un particolare; nel testo non si legge che un uomo con la lebbra va da Gesù, ma un lebbroso va a trovare Gesù. Lo si indica direttamente con il nome della sua malattia. Una malattia terribile, contagiosa che lo obbliga a stare lontano da tutto e tutti. La legge dice: «starà lontano, fuori dall’accampamento» (Lev 13, 46).

La straordinarietà di Gesù sta nel fatto che lo tocca. Nessun sacerdote l’avrebbe toccato, nessun altro uomo si sarebbe avvicinato all’uomo intoccabile, solo l’amore osa, Gesù lo tocca. Questo uomo non ha nome,  questo uomo può essere ogni uomo. Questo uomo sa che il Lui trova la forza, in lui ritrova se stesso, è commovente la sua domanda: se vuoi puoi purificarmi. Attenzione non ha detto guariscimi, ma: se vuoi puoi purificarmi. In questo uomo c’è un forte desiderio di comunione, c’è il desiderio di sentirsi parte di un disegno d’amore insieme agli altri. Questo lebbroso sa bene che non può avvicinarsi, ma ora sa che in Cristo c’è tutto quello di cui ha bisogno, non ha paura. Il primo scoglio lo ha già superato: accettare la sua condizione. Questo uomo non vuole il suo male, lui desidera la vita.

Se vuoi puoi: è la richiesta d’amore che il lebbroso fa al Signore, fidandosi. Non pretende, chiede un regalo. Gesù non è indifferente al grido dell’uomo, si commuove. Non ha paura di essere contaminato ma è talmente commosso che lo tocca, gli  ridona vita e lo fa di nuovo parte di una comunità. Gesù va contro la legge ma a Lui non interessa l’osservanza della regola per la regola, Lui è venuto per salvare ogni uomo. Lo tocca proprio come quando si tocca un bambino, proprio come un amico mette la mano sulla spalla dell’altro amico, il toccare dice comunione, vicinanza.

La risposta di Gesù è breve e chiara: lo voglio! Gesù dice io voglio che tu riviva, io voglio che tu viva in comunione ed esca dalla lebbra che ti uccide. Il miracolo si compie: subito la lebbra se ne va. Quest’uomo è di nuovo libero sì,  libero di muoversi di potersi spostare tra la gente senza essere escluso, senza essere additato, è libero di progettare. Gli si apre una nuova vita. Poi l’invito ad andare e a non dirlo a nessuno. Sembra contraddittorio, come si fa a non dirlo a nessuno è cosi evidente. È proprio questo il punto: ora la vita prende vita e va vissuta nella quotidianità. Non sempre serve dire tante cose, basta che vai. La tua vita parla da se. Quante volte anche il nostro essere coerenti, fedeli attenti dice più di tante altre parole. Per il lebbroso non ci sono freni: prima gridava dal dolore ora grida per la gioia, diventa un testimone, un evangelizzatore di Cristo.

Condivido con voi una preghiera affinché ciascuno di noi possa fermarsi un attimo e chiamare per nome quali sono le catene che ci opprimono e ci rendono schiavi.

«Colui che illumina tocca con la sua mano le mie catene  – le mie ferite e al tocco della sua mano subito cadono le catene, scompaiono le ferite. Dopo avermi purificato e liberato dalle catene, mi tende la sua mano divina, mi tira fuori completamente dal fango e mi abbraccia teneramente; con le braccia al collo, mi copre di baci. Ero sfinito e senza forza: egli mi prende sulle spalle e mi fa vedere un mondo nuovo, inondato dalla sua luce. Mi fa contemplare come mi plasma di nuovo e mi strappa alla corruzione. Mi fa dono della vita immortale, mi riveste di una tunica luminosa, mi fa calzare i sandali migliori e mi da anello e corona, come a un figlio. Per sempre. Meraviglia e stupore, timore e gioia mi colmano». (Simeone, il nuovo teologo, Inni II).Il lebbroso guarito si mette a gridare e ad annunciare Cristo, anche noi oggi guariti da tutto ciò che ci opprime possiamo gridare di gioia l’amore che Dio ha per noi.

Suor Tiziana Chiara