Gesù, il pane di vita contrapposto alla morte

13 agosto, 19ª domenica del tempo ordinario«Con la forza datagli da quel cibo camminò fino al monte di Dio» (1 Re 19,4-8); «Camminate nella carità, come Cristo» (Ef 4,30-5,2); «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo» (Gv 6,41-51) DI FABRIZIO PORCINAIGesto, bellezza, pane. Per tre volte, nel Vangelo, Gesù afferma di se stesso: io sono il pane vivo. Per capire la forza di quell’annuncio bisogna forse, come Elia (cfr I lettura) inoltrarsi nel deserto. Il deserto fisico, certamente, ma anche il deserto del cuore che spesso ci abita, e le tragedie di desolazione e di morte di cui è intrisa la storia dell’umanità. Il Pane di Gesù è vivo e assume tutta la sua forza contrapposto alla morte dell’uomo, in tutte le sue forme e dimensioni. Quel pane è la sua carne per la vita del mondo.

Due verbi, nel testo evangelico di oggi, esprimono la relazione di Gesù con gli uomini: discendere e dare. Essi indicano le modalità costanti dell’esistenza di Gesù. Gesù dà vita, scendendo e donando: questo è il suo comportamento nei confronti delle persone che istruisce, cura, perdona. Discendere e dare sono pure i verbi della vita credente, chiamata a farsi imitazione di Dio (cfr II lettura), camminando nella carità nel modo in cui Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi.