Gesù ci insegna che l’umiltà porta la vera gioia

2 settembre, 22ª domenica del Tempo ordinario: «Umiliati e troverai grazia davanti al Signore» (Sir 3,19-21.31.33); «Sei tu, Signore, il padre degli umili» (Salmo 67); «Vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente» (Eb 12,18-19.22-24); «Chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,1.7-14)

di Bruno Frediani

In occasione di un banchetto al quale prende parte in casa di un notabile fariseo, Gesù esalta l’umiltà. La pretesa di essere qualcuno, di darci grande importanza non ci avvicina a Dio, ma ci allontana da Lui. Gesù stesso ci ha dato nella sua persona l’esempio di una umiltà vera e profonda: si è fatto uomo, si è letteralmente annientato, per mettersi a servizio degli uomini. Con la sua morte, Egli ci presenta un Dio nuovo, rispetto alla mentalità del tempo. Un Dio la cui sapienza appare imprevedibile e impensabile, enormemente lontana dalla sapienza umana.

La vera sapienza, dice il Siracide (prima lettura) comincia dal riconoscimento che la fonte della verità non è in ciò che l’uomo sperimenta o desidera spontaneamente. Dio trae gloria non dai potenti ma dai deboli.

Quando l’uomo comincia a riconoscere i limiti della propria ricerca, l’incertezza e l’insicurezza delle proprie conclusioni, l’insuccesso delle sue fatiche, è disposto a ricevere la sapienza che Dio vuole rivelargli. Gesù è la sapienza di Dio. Il suo insegnamento è nuovo e sconvolgente: l’umiltà che sceglie l’ultimo posto, l’amore gratuito che sceglie gli ultimi ne è parte qualificante. Con la sua parola, e, ancora di più con la sua vita, culminante nella morte in croce, Egli ci rivela che la vittoria coincide con l’apparente sconfitta, e la sua forza sta in ciò che gli altri considerano una debolezza. Ci rivela che la vera ricchezza sta nella povertà, la vera libertà sta nel farsi servo, la vita si realizza nel perderla.

La corsa ai primi posti, oggi, sta nella forte competitività con cui si organizza la società, talvolta fino all’eliminazione dell’avversario, nel profitto assunto come obiettivo primario e assoluto, a cui si sottopone ogni aaltro valore, nella carriera portata avanti a tutti i costi, con raccomandazioni e bustarelle, nello sforzo di essere sempre «all’altezza» della situazione, della moda, della pubblicità e dei modelli dominanti della società dei consumi.

A questi obiettivi oggi si adegua l’educazione nella famiglia, nei gruppi di amici, nella scuola… E nella chiesa? Spesso la catechesi e la predicazione sono avulse ed estranee da queste realtà, come se il vangelo fosse altra cosa rispetto a tutto questo. I ragazzi e i giovani pagano maggiormente le conseguenze di questa impostazione culturale: la proposta di modelli che sono falsi e, spesso, irraggiungibili per loro, al punto che lasciano una profonda tristezza e una grande disillusione e depressione. Un’ educazione e una evangelizzazione che non puntino a fare l’uomo più «umano», finisce per renderlo sempre più insoddisfatto, egoista e sfruttatore degli altri.

Scegliere l’ultimo posto, come dice Gesù, significa usare il proprio posto, a qualsiasi grado della gerarchia e del potere si trovi, per servire gli altri, a partire dai piccoli e dagli ultimi. Coloro che, ascoltando il vangelo, hanno impostato in questo modo la loro vita, ci fanno vedere, spesso, di aver incontrato la gioia.