Fuori dell’amore non c’è salvezza
1. Vi sono momenti della vita in cui forte è l’esigenza di rientrare in se stessi, di prendersi in mano e di giudicarsi alla luce di obiettivi che ci siamo dati e di criteri che ci siamo posti. Per un cristiano in particolare si tratta di imparare a valutare la verità del proprio cammino alla luce di un preciso criterio, il vangelo di Gesù, e di un preciso obiettivo, l’esistere secondo il vangelo di Gesù. Obiettivo, sottolinea il Vangelo di oggi, che investe ogni uomo in quanto uomo al di là di ogni esplicito riferimento a Gesù, il maestro sapiente che sollecita ogni coscienza all’arte del giudicare da sé ciò che giusto e no (Lc 12,57), e l’uomo da sé perviene a ritenere cosa giusta l’amare sé e chi al di fuori di sé tende la mano bisognoso di cura. A questo l’uomo può giungere da solo e su questo, aggiunge Gesù, ognuno sarà vagliato: «Al di fuori dell’amore non c’è salvezza». E Dio che è amore vuole solo salvezza, vite riscattate dal disamore e dalla morte, vite di cui Gesù è l’icona esemplare e il metro di giudizio mite, umile e misericordioso.
2. È in questa ottica che leggiamo la pagina evangelica odierna. Lo scenario è il giudizio universale su tutte le etnie, su ogni popolo e persona, giudizio descritto alla maniera ebraica. Giudice assiso nel suo trono di gloria sarà il Figlio dell’uomo (Dn 7,13), titolo che designa l’essere celeste inviato da Dio a compierne l’opera per poi ritornare a Dio e ridiscendere quale giudice finale in compagnia dei suoi angeli (Zc 14,5; 1Ts 3,13) che lo assisteranno (Mt 13,41).
Il giudizio consisterà in una separazione tra pecore e capri (Ez 37,16-17),tra, riprendendo temi matteani, grano e zizzania e pesci buoni e cattivi; e metro del giudizio saranno le opere di misericordia secondo il dettato tradizionale giudaico: «Rabbi Chama bar Chanina dice:.. Come Dio ha vestito quelli che erano nudi (Adamo ed Eva), vesti anche tu quelli che sono nudi; come Dio ha visitato gli ammalati (Abramo), tu pure visita gli ammalati; come Dio ha consolato gli afflitti (Isacco), consola anche tu gli afflitti; come Dio ha seppellito i morti (Mosè), tu pure seppellisci i morti». Uno scenario chiaramente giudaico in riletto dai seguaci di Gesù in una ottica decisamente innovativa, cristologiga: Gesù il venuto dal Padre e il ritornato al Padre è questo Figlio dell’uomo, egli il giudicato e condannato infine giudicherà tutti non in base al trattamento riservato a lui ma al comportamento avuto nei confronti dei bisognosi con i quali si identifica: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli-di questi più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40.45).
Tutti, a partire da quelli che mai hanno incontrato lui e in lui Dio suo Padre: «Quando mai ti abbiamo visto affamato, assetato, straniero, nudo, malato e carcerato?» (Mt 25,35-39). A costoro Gesù il giudice risponderà: voi senza saperlo mi avete incontrato nell’accoglienza data agli itineranti annunciatori del mio vangelo, nel bicchiere d’acqua donato al più sprovveduto dei miei discepoli e nella premura fattiva dimostrata verso ogni creatura nel bisogno solo perché nel bisogno. L’insieme dei suoi piccoli. Il Risorto che si fa parola in una pagina e che si fa riconoscere in un pane spezzato diviene presente a ogni uomo nel gemito e nell’invocazione del povero, sua icona e suo sacramento. Pertanto è in sintonia con Dio chi è in sintonia con il bisognoso:«La volontà di Dio è che tu serva gli uomini, tuoi fratelli» (Pacomio).
Chi fa questo senza saperlo ha incontrato Dio e il suo Cristo, ha fatto agli ultimi della terra ciò che Dio e il suo Cristo desideravano facessero, e il loro essere stati benedizione diventa la fonte della loro benedizione eterna: « Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo» (Mt 25,34). Oltre ogni aspettativa. L’uomo bicchiere d’acqua all’uomo ha realizzato la propria vocazione, ha adempiuto la propria verità di creatura in quanto tu con e per l’altro e da Dio in Cristo è definito «giusto» iscritto nel libro della vita. Via universale alla salvezza eterna è la pratica universale della custodia del povero, nessuno può ritenersene esente, ciascuno secondo la propria possibilità e modalità.
3. Pagina altamente istruttiva per i discepoli di Gesù ai quali è ulteriormente richiesto di non scindere l’amore dalla sua radice. Il cammino dell’uomo nel vangelo di Matteo è dall’ingiustizia alla giustizia e dalla giustizia alla giustizia superiore (Mt 5,20), che consiste nell’essere perfetti come il Padre che non priva di sole e di pioggia cattivi e buoni, giusti e ingiusti in una dedizione a ogni forma di indigenza di cui l’esistere e il morire di Gesù sono l’adempiuta esemplificazione. Se giusto è l’uomo della compassione attiva verso chi è nel dolore, giusto è quel cristiano che agendo così sa nello stupore e nella gratitudine che questo non è altro che la traduzione della forte tenerezza di Dio per gli ultimi della terra.
Nel mondo della ingiustizia felici di vedere uomini di giustizia, gioiosi nel sapersi riflesso della bontà divina, consapevoli che l’uomo insensibile al patire e alla necessità è giudicato non pervenuto a condizione umana, non degno di futuro. Un giudizio che spetta solo al Giusto, il quale può dire andate al «supplizio eterno» (Mt 25,46) in nome di una rigorosità che non può permettersi di dare uguale peso a chi fa il bene e a chi fa il male, l’amore non è cieco in discernimento. Giusto che sul fondamento di questa verità non disattesa può poi scendere agli inferi e svuotarli a segno che l’amore se sincero non fa sconti al male ma recupera gli operatori di iniquità, lo dico per eccesso, anche all’inferno. Non va mai dimenticata una costante biblica, se è degli ingiusti rovinare vite è dei pochi giusti e del Giusto per eccellenza che è Cristo salvare vite, comprese quelle degli empi in sé e per sé non degni di vita. E a nessuno è dato autoescludersi da questa categoria. Nel Dio dei padri e Padre di Gesù l’apice della giustizia sta nel raccontarsi come grazia che non sopporta la perdita di una sola persona.