Fedeli a Gesù e alla Chiesa, continuiamo a gettare le reti
Da questa settimana, il commento alle letture della Messa domenicale è curato da padre Samuele Duranti. Mentre ringraziamo don Enzo Pacini, cappellano del carcere di Prato, che ha curato negli ultimi anni questo prezioso servizio per i nostri lettori, diamo il benvenuto a padre Duranti, frate cappuccino, che ci accompagnerà con una lettura della Parola di Dio secondo la spiritualità francescana, in questo tempo che vede la Toscana proiettata verso il pellegrinaggio regionale del 3 e 4 ottobre prossimi, quando i comuni della nostra regione offriranno l’olio per la lampada votiva sulla tomba di San Francesco ad Assisi.
Il linguaggio con cui viene narrato l’episodio trabocca di messaggi, cui alludono molti particolari. Il vangelo secondo Giovanni va sillabato. Al di là del fatto storico, va decodificato il contenuto teologico. L’episodio di cui Giovanni è testimone è carico di simbolismo. Siamo sulle rive del lago di Genesaret, come il primo mattino di primavera, quando Gesù chiamò i primi quattro discepoli. Ora sono sette. Sembra che si siano un po’ dispersi; si ricompatteranno presto.
Notiamo l’iniziativa di Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli altri si uniscono: «Veniamo anche noi». Notiamo anche l’inutile notte, senza pescare, senza Gesù. Assomiglia in tutto alla prima notte, precedente la chiamata. Notiamo, infine, la subitanea pesca, appena gettata la rete, sulla parola di Gesù. L’apostolo dell’amore, che per primo riconosce Gesù risorto. Pietro, che per primo si getta ad incontrare Gesù. La rete ingabbia 153 grossi pesci. E nonostante ciò non si strappa, come la tunica indivisa di Gesù crocifisso. E, insieme a tutto questo, Gesù che ha acceso il fuoco e preparato il pane. Troppi messaggi affollano questa manifestazione di Gesù risorto. Gesù prese il pane e lo diede loro: siamo di fronte ad una eucaristia. La rete è la Chiesa. I 153 grossi pesci sono le 153 nazioni che popolano il mondo. La rete che non si spezza è l’unità che deve esserci nella Chiesa. Gesù, pane per la vita del mondo. Il Risorto in mezzo alla sua Chiesa. Vivente in eterno nel segno del pane.
Ma passiamo alla seconda scena: il colloquio di Gesù con Simon Pietro. Per tre volte Gesù chiede: «Simone di Giovanni mi ami tu? Mi vuoi bene? Mi vuoi bene davvero?» Gli esegeti disquisiscono sui verbi. La lingua greca ha quattro vocaboli per indicare amore, ma Gesù parlava l’ebraico, nel dialetto della Galilea! Certi notano che Gesù chiede a Simone: «Mi ami?» per tre volte, perché tre volte Pietro lo ha rinnegato. Non mi piace questa interpretazione; sono d’accordo con Yves Simoens, che scrive: «Non è il caso di attribuire a Gesù un comportamento che non gli si addice: angosciare il suo discepolo, sia pure colpevole, rigirando in un certo senso il coltello nella piaga». Mi piace piuttosto riferirmi a quanto avveniva quando il popolo rinnovava l’Alleanza; ripeteva per tre volte, in maniera forte, la sua adesione di fedeltà, ripetendo: «Noi faremo quanto il Signore ci dice». Siamo di fronte ad un’ora singolarmente solenne e importante per la storia della Chiesa e del mondo; una di quelle ore senza tramonto: Gesù consegna la sua Chiesa a Pietro, primo papa. Gesù, per tre volte, ripete: «Pasci le mie pecore»; pasci il mio gregge; guida, porta al pascolo le mie pecore. Io ti costituisco pastore.
Se pensiamo alla figura di Dio-pastore nel Primo Testamento; se pensiamo a Gesù Pastore, ora come sostituito da Pietro, comprendiamo la grandezza e solennità di quest’ora. Alla professione di fede: «Tu sei il figlio del Dio vivente», Gesù aveva risposto: «Tu sei Pietro e su di te io edificherò la mia Chiesa». Una promessa. A questa confessione di amore, Gesù risponde con una consegna: «Pasci le mie pecore». Quel giorno nasceva il papato! Voluto, istituito da Gesù, il Papa è costituito suo vicario; santa Caterina da Siena amava chiamarlo «il dolce Cristo in terra».
La parola del Signore abbia una ricaduta sulla nostra vita di cristiani: rinnoviamo la nostra fede retta/salda in Gesù risorto, vivente in eterno; rinnoviamo la nostra obbedienza e fedeltà al magistero della Chiesa e alla persona del papa, Francesco. In questa nostra società inquinata di relativismo, avere un punto di riferimento saldo e sicuro sulle realtà della fede e sulle verità della morale, ritengo sia un dono prezioso e un servizio necessario. Ci è assicurato dal successore di san Pietro, al quale Gesù ha comandato: «Ho pregato per te affinché tu confermi i tuoi fratelli». Facciamo nostro il comando di Francesco d’Assisi, che detta nel testamento: «Siate sempre soggetti e sudditi alla santa madre Chiesa».
*Sacerdote cappuccino