Fare i conti con la propria poca fede
1. Il Gesù che sazia la folla è il medesimo che sa sottrarsi ad essa, c’è un tempo per la compagnia e un tempo per la solitudine in compagnia del Padre: «Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare». Un faccia a faccia che per Gesù diventa fonte di discernimento sul come proseguire il cammino, sul come vivere cioè il proprio rapporto con le autorità, con la folla, con i discepoli e con gli eventi. In sintonia con la volontà del Padre, l’incontro cardine che dischiude a vivere in verità gli altri incontri, compresi quelli con la sua Chiesa e con Pietro in difficoltà nella attraversata del mare della vita.
2. Il racconto evangelico ha un chiaro sapore post – pasquale: il risorto è ritenuto «fantasma» (Lc 24,37), e tale lo ritengono qui i discepoli (Mt 14,26); è confessato «Signore», e tale lo definisce qui Pietro (Mt 14,30); ed è adorato come «Figlio di Dio» o Messia, e dinanzi a lui si prostrano qui i discepoli (Mt 14,33). Ed ha altresì un chiaro sapore ecclesiale nel senso che all’»Andate» del dopo pasqua (Mt 28,19) qui fa eco il mandare in un mondo – mare a cui non è straniero il «vento contrario» (Mt 14,22.24). La contrarietà da un lato della non accoglienza e della persecuzione da parte del mondo esterno e dall’altro quella tipicamente ecclesiale della poca fede, che fanno della Chiesa una povera barca in balia delle onde. Una barca in mezzo al guado lontana sia dal punto di partenza che da quello di approdo, sia dalla notte fonda che dall’albeggiare, siamo tra le tre e le sei, e Gesù assente (Mt 14,22-25). Una situazione tipica di insicurezza, di paura e di dubbio, quella che attanagliò i padri e le madri nella traversata del deserto: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?» (Es 17,7).
È a questo punto che Matteo, unico tra gli evangelisti, inserisce l’episodio Gesù – Pietro proprio per rispondere alla poca fede dell’uno: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?» (Mt 14,31), emblema della poca fede degli altri. Ove l’espressione «poca fede» equivale a «piccolo di fede» (Mt 8,26) chiamato a crescere nella fede (Mt 17,20), in una fiducia in colui che non è un «fantasma» ma l’ «Io sono» colui che viene a voi camminando – passeggiando sulle acque, a voi coraggio nella paura e a voi mano tesa che vi strappa dall’abisso della morte conducendovi al porto desiderato (Sal 107, 23 – 30). Sì, Io sono veramente il Signore risorto con voi e per voi, ed è proprio questo quello che Pietro vuole sapere chiedendogli un segno che la sua paura e debole fede fanno poi naufragare. Un Pietro invitato a non presumere di fare il Signore, il voler passeggiare come lui sulle onde del mare, ma chiamato al «vieni» della sequela affidato al suo aiuto nel tempo della tempesta e nel tempo del mare calmo, che è sempre tale ove dimora il Signore.
3. Il messaggio costringe singoli, comunità e Chiese a fare i conti con la propria poca – piccola fede. Davvero Gesù il risorto con il suo vangelo è il Tu che ha aperto la nostra vita al senso? Un Tu accolto con fiducia e saldezza nella libertà? Un Tu ritenuto vicino nel tempo favorevole e in quello no al punto che nessuna tribolazione può separarci dal suo amore? (Rm 8,35-37). Un Tu per il quale vale la pena di vivere e di morire annunciandolo quale vangelo di Dio all’uomo affamato di perdono, di saggezza, di amore e di vita eterna?