Essere discepoli è una scelta impegnativa

Letture del 9 settembre, 23ª domenica del Tempo ordinario: «Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? (Sap 9,13-18); «Donaci, o Dio, la sapienza del cuore» (Salmo 89); «Accoglilo non più come schiavo, ma come un fratello carissimo» (Fm 9-10.12-17); «Chi non rinunzia a tutti i suoi averi, nn può essere mio discepolo» (Lc 14,25-33)

DI BRUNO FREDIANI

Essere cristiani vuol dire essere discepoli di Gesù, camminare incessantemente dietro di lui, seguirlo sulla via della croce. Non può trattarsi, però, di una scelta momentanea, provvisoria, frutto dell’entusiasmo di un momento, ma di un cammino faticoso, pieno di sacrifici e di rinunce, ma anche di scoperte e di conquiste che ci rendono questo cammino appassionante.  Tutto l’uomo è coinvolto in questa scelta, tutte le sue dimensioni, corporali e spirituali, affettive ed etiche, culturali e sociali.

La rinuncia alle cose del mondo è possibile solo con la grazia della fede. Il mondo, nella visione di Gesù, non è un fatto negativo da rifiutare e fuggire: le cose del mondo e le persone che ci circondano sono creature e dono di Dio. Non debbono, però, diventare inciampo alla sequela radicale del Vangelo.  Se ne comprende pienamente il valore e la bellezza solo in un atteggiamento di apparente distacco, dovuto alla visione che mette Dio e le sue esigenze al primo posto.

In questo modo anche quelle esperienze che umanamente sembrano negative, come la fatica, la sofferenza e la morte, che l’uomo cerca di evitare e di allontanare dalle persone a cui vuole bene, perché sembrano contrarie alla felicità, diventano feconde e via alla vera vita. Ma una tale visione è possibile solo seguendo concretamente la via di Gesù, che è la via della croce accettata e assunta come passaggio necessario per la vita.

È un percorso difficile e impegnativo, che non può essere scelto con leggerezza, che esige grande responsabilità e libertà. Le due brevi parabole di Luca sono un severo avvertimento contro qualsiasi impegno superficiale. Prima di intraprendere una costruzione o una guerra bisogna fermarsi per fare bene i calcoli, per capire se siamo in grado di portare a termine positivamente l’impresa.

La fede non è solo appartenenza sociologica o un fatto di convenienza e di adattamento all’ambiente in cui si è nati e cresciuti. E’ scelta consapevole di libertà, di maturità e di dedizione, alla sequela di Gesù maestro e modello di vita. La libertà del cristiano non sta nella sua autonomia assoluta rispetto a tutti, ma, anzi, nell’accettazione e nell’accoglienza di Gesù, e, in lui, di ogni altro uomo, soprattutto se sofferente e bisognoso, come regola della propria vita. La liberazione e la realizzazione dell’altro affermano anche la libertà del cristiano di fronte a Dio e di fronte al mondo.

Libertà allora è dedizione, cioè capacità di stringere dei legami disinteressati con le persone,le cose e l’ambiente. La libertà porta alla comunità, come luogo in cui, attraverso la dedizione reciproca, ci si libera e ci si esprime in pienezza verso gli altri e verso Dio.

Gesù non vuole che disprezziamo i legami familiari per seguire lui, ma che li riscopriamo proprio a partire dalla sua sequela; non vuole che ci disinteressiamo ai problemi del mondo e dei nostri fratelli, ma che li affrontiamo, alla luce del Vangelo, come suoi discepoli e come comunità di credenti.