«Effatà, apriti»: la guarigione del sordomuto

DI GIACOMO BABINI Vescovo emerito di Grosseto6 settembre, 23ª domenica del Tempo ordinario. Gesù è sempre disponibile di fronte al dolore sordo e muto dell’uomo.

Il tema unitario delle letture di questa Domenica è la liberazione del Popolo di Dio. La lettura profetica annuncia i termini festosi della liberazione. Il brano evangelico ne descrive il compimento nel fatto riferito e anche nei suoi dettagli narrativi. La seconda lettura evidenzia la scelta preferenziale dei poveri.

Vangelo: «Effatà, apriti»Il Vangelo racconta la guarigione di un sordomuto da parte di Gesù. L’intervento del maestro è pieno di interesse e di delicatezza. Avviene nel silenzio, tanto il sordomuto non sentirebbe nulla, ma Gesù compie gesti espressivi e comprensibili anche da lui. I numerosi particolari riportati nella descrizione della guarigione vogliono essere il segno che Gesù non mira soltanto a guarire un difetto corporale dell’ammalato, ma a dare un segno per Israele e per tutti noi.

Più volte la Scrittura parla di popolo di dura cervice che non ascolta ed è pertanto anche un popolo che non dà valide risposte alle chiamate, un popolo sordomuto.

Gesù abitualmente non fa miracoli spettacolari. Questa volta chiama il sordomuto in disparte e cerca una difficile mediazione tra la spettacolarità mondana e il segno reale per il popolo. I due contatti fisici, orecchio e lingua sono l’introduzione al rapporto con il Padre: gli occhi al cielo e il suo sospiro. Nel nome della Trinità divina la parola «Apriti» risuona come una grazia divina ad Israele e all’umanità.

I Lettura: «Aprire la mente per vedere e gioire della novità»Sul finire del Vangelo si riportano le parole ammirate dei presenti: «Fa udire i sordi e parlare i muti». Si avverte il clima di attesa e di speranza che proprio Isaia nella prima lettura vuol comunicare ai suoi uditori perché abbiano fede perché il Signore dei loro Padri si è dimostrato sempre fedele e la liberazione promessa sicuramente arriverà e sarà più bella di quanto la loro fantasia potrebbe immaginare. Col rifiorire della speranza gli occhi dei ciechi sono di nuovo aperti…. Qui si usa il plurale perché l’opera del Messia interessa l’umanità intera. Le frasi successive, i torrenti nella steppa… chiariscono ancora che non si tratta semplicemente di un intervento sanitario, ma dell’effetto della trasformazione della redenzione, prima della fine del tempo, secondo quanto dice l’Apocalisse: «Le cose di prima ecco sono passate, io ne faccio delle nuove» (Ap 21,1-5). E le cose nuove sono pari alla grandezza dell’amore divino, e sono viste dai puri di cuore. II Lettura: «La ricchezza dell’amore del Salvatore»La seconda lettura aggiunge un nuovo motivo di gioia. I sordi, i ciechi, cioè quelli particolarmente bisognosi nella loro povera umanità, in Isaia, erano i beneficiati dal Signore. Nella lettera dell’apostolo si parla di tutti i bisognosi e gli smarriti del mondo che Dio ha beneficiato con il dono della fede, anzi li ha resi «eredi del Regno».

La mentalità umana, e a volte, anche i Cristiani, dice S.Giacomo, privilegiano i ricchi e trascurano i poveri. In questi casi siamo non solo in contraddizione con le parole di Gesù, ma in contraddizione con il divino ordine della redenzione cristiana che, proprio dalla natura impoverita del deserto fa scaturire le acque, e crescono i giardini la dove l’uomo non avrebbe mai pensato. È lo stile della capanna di Betlemme che rimarrà permanente in Gesù anche quando adulto dovrà ascoltare le polemiche pretestuose, dovrà difendere la verità contrastata, subirà l’annientamento del suo essere umano, ma renderà evidente che colui che si perde per amore si ritroverà nella pienezza dei figli di Dio.