«Effatà, apriti»: la guarigione del sordomuto
Il tema unitario delle letture di questa Domenica è la liberazione del Popolo di Dio. La lettura profetica annuncia i termini festosi della liberazione. Il brano evangelico ne descrive il compimento nel fatto riferito e anche nei suoi dettagli narrativi. La seconda lettura evidenzia la scelta preferenziale dei poveri.
Più volte la Scrittura parla di popolo di dura cervice che non ascolta ed è pertanto anche un popolo che non dà valide risposte alle chiamate, un popolo sordomuto.
Gesù abitualmente non fa miracoli spettacolari. Questa volta chiama il sordomuto in disparte e cerca una difficile mediazione tra la spettacolarità mondana e il segno reale per il popolo. I due contatti fisici, orecchio e lingua sono l’introduzione al rapporto con il Padre: gli occhi al cielo e il suo sospiro. Nel nome della Trinità divina la parola «Apriti» risuona come una grazia divina ad Israele e all’umanità.
La mentalità umana, e a volte, anche i Cristiani, dice S.Giacomo, privilegiano i ricchi e trascurano i poveri. In questi casi siamo non solo in contraddizione con le parole di Gesù, ma in contraddizione con il divino ordine della redenzione cristiana che, proprio dalla natura impoverita del deserto fa scaturire le acque, e crescono i giardini la dove l’uomo non avrebbe mai pensato. È lo stile della capanna di Betlemme che rimarrà permanente in Gesù anche quando adulto dovrà ascoltare le polemiche pretestuose, dovrà difendere la verità contrastata, subirà l’annientamento del suo essere umano, ma renderà evidente che colui che si perde per amore si ritroverà nella pienezza dei figli di Dio.