È l’ora di ascoltare ciò che dice lo Spirito

Il Concilio Vaticano II è stato una grazia inestimabile: ha aperto nuove prospettive e  ha posto basi importanti per il rinnovamento della Chiesa. Ma ha lasciato al futuro la cura di condurre alle sue piene conseguenze la logica delle sue opzioni fondamentali. «Il Concilio è stato inizio di un inizio» ha scritto Karl Rahner. Il Papa Giovanni XXIII, aprendo il Concilio, chiedeva al Signore di rinnovare nella nostra epoca le meraviglie di una rinnovata Pentecoste.

Il Papa Paolo VI, che ha portato a conclusione il Concilio ha detto che la Chiesa di oggi ha bisogno di questo miracolo di Pentecoste, di questo vento, di questo fuoco, di questa potenza spirituale che è lo Spirito Santo.

L’ora presente ci invita a liberarci dalle nostre «ragioni» di sperare, dal nostro facile ottimismo, dalle nostre troppo umane strategie e ad alimentare la nostra speranza alla sua sorgente suprema: la Parola di Dio.

Tutto sta ad indicare che siamo ad una delle grandi svolte della storia della Chiesa, dove lo Spirito Santo opera, a profondità nuove, un mistero di morte e di risurrezione. È l’ora di ascoltare attentamente, in un silenzio interiore, «ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2,29).

«La situazione del mondo attuale è una situazione di travaglio e ad un travaglio si accompagna sempre la speranza. Noi contempliamo la presente situazione  con un’immensa speranza cristiana e con un sentimento profondo di responsabilità per il tipo di mondo che uscirà dal travaglio di oggi. È questa l’ora della Chiesa: unita, essa deve offrire orientamenti cristiani al mondo nuovo che nasce». Così scriveva il Patriarca Atenagora  al giornale Avvenire il 12 gennaio 1969.

Il Card. Lèon-Joseph Suenens, per rispondere alla domanda «perché lei è un uomo di speranza?», scrisse una lettera che fu pubblicata sulla copertina di una rivista, e che il Card. Suenens riportò nel suo libro sullo Spirito Santo.

«Perché sono un uomo di speranza? Perché credo che Dio è nuovo ogni mattina, che crea il mondo in questo preciso istante e non in un passato nebuloso, dimenticato. Ciò mi obbliga ad essere pronto ogni istante all’incontro. Poiché l’inatteso è la regola della Provvidenza. Questo Dio “inatteso” ci salva e ci libera da ogni determinismo e sventa i foschi pronostici dei sociologi.Questo Dio inatteso è un Dio che ama i suoi figli, gli uomini.È questa la sorgente della mia speranza. Sono un uomo di speranza non per ragioni umane o per ottimismo naturale. Ma semplicemente perché credo che lo Spirito Santo è all’opera nella Chiesa e nel mondo,  che questi lo sappia o no. Sono un uomo di speranza perché credo che lo Spirito Santo è per sempre lo Spirito Creatore, che dà ogni mattina a chi lo accoglie una libertà nuova ed una provvista di gioia e di fiducia.Sono un uomo di speranza perché so che la storia della Chiesa è una lunga storia, tutta piena delle meraviglie  dello Spirito Santo. Pensate ai profeti e ai santi, che in ore cruciali sono stati strumenti prodigiosi di grazie ed hanno proiettato sulla via un fascio luminoso. Credo alle sorprese dello Spirito Santo. Giovanni XXIII ne fu una. Il Concilio pure. Noi non ci aspettavamo né l’uno né l’altro. Perché l’immaginazione di Dio e il suo amore  sarebbero oggi esauriti? Sperare è un dovere, non un lusso. Sperare non è sognare, al contrario è il mezzo  per trasformare un sogno in realtà. Felici coloro che osano sognare e che sono disposti a pagare il prezzo più alto perché il sogno prenda vita nel corpo e nella vita degli uomini» (Pentecoste 1974).

*Cardinale