Domenica «in laetare»: la nostra gioia è in Cristo

Il Vangelo di questa domenica ci presenta un passaggio del dialogo notturno fra Gesù di Nazaret e Nicodemo, uno dei capi degli ebrei, del gruppo dei farisei.

Un personaggio conosciuto e stimato all’interno del popolo, Nicodemo, di notte, va da Gesù, per conoscerlo meglio, per vedere se è realmente colui che viene da Dio, l’atteggiamento di Nicodemo è interessante, ma la sua visuale è limitata, non riesce a fare un passo in più.

Gesù però non lo abbandona, anzi, dopo aver dialogato con lui, inizia un discorso interessante, che tocca parecchi punti della sua missione.

Il discorso inizia con un riferimento tratto dal libro dei Numeri, dove Dio invia sulla terra dei serpenti velenosi, e l’unico modo che ha l’uomo per salvarsi è alzare lo sguardo verso il serpente che Dio ha dato a Mosè. Credo sia importante dirci qual’è il significato di questo: non è Mosè che guarisce, ne tanto meno il serpente, sollevare lo sguardo a Dio, l’unico che può salvare l’uomo dal male.

Innalzare, termine costante nel Vangelo di Giovanni, Gesù non è posto in croce, ma innalzato, e la croce ha un aspetto regale, di esaltazione del Figlio di Dio. «Bisogna che il Figlio dell’uomo, che è il Figlio di Dio, sia innalzato e finisca in Croce. Lì finisce il male. Perché sulla Croce comprendiamo la gloria di Dio e qual è la gloria di Dio? È quello di Uno che ci ama talmente da dare la vita anche se lo mettiamo in Croce». (Fausti-Clerici)

Si, è solo con l’amore e per amore che capiamo la croce. È l’amore smisurato di Dio che non fa risparmiare nemmeno suo Figlio. Gesù ha accettato, in obbedienza a suo Padre, e per amore nostro, di venire a condividere la nostra condizione e accettare di consegnarsi nelle nostre mani.

La salvezza sta tutta nell’accogliere il suo servizio. Noi pensiamo al servizio come un qualcosa che poi deve tornare a noi, ma la salvezza non sta nel fare noi qualcosa per Dio, ma piuttosto  sta nell’accogliere quanto Lui fa per noi.

Il Figlio è il grande dono del Padre per noi,Gesù è la luce che viene nelle tenebre. Gesù stesso afferma: «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui»; cioè, l’amore di Dio è rivolto a ciascuno di noi, appropriato a noi proprio come un abito cucito su misura, se questo amore viene accettato senza condizionamenti, allora esplode la gioia, allora è da vivere nella quotidianità e nelle cose che facciamo, nei posti di lavoro dove siamo, per gli altri e con gli altri.

La luce che venuta nel mondo, è quella che illumina le tenebre dell’ignoranza e dei pregiudizi, è la luce che fa vedere il mondo con occhi nuovi. Nicodemo ci aiuta oggi a fare un passo avanti, un passo a volte lento, appesantito dalle nostre tante cose, ma se fatto con fede ci porta verso la luce. Passo dopo passo arriviamo a un cammino di liberazione, un cammino che porta alla verità di Dio. Quando si è in un tunnel non si vede l’ora di starne fuori e quando si vede la luce sembra che si tiri un sospiro di sollievo.

La fede ci aiuta a vedere  oltre ogni dolore, la morte di Cristo ci porta alla vita. Ancora una volta siamo davanti all’amore paradossale di Dio che richiede la nostra risposta di fede per rinnovare l’Alleanza con Lui. La Croce manifesta l’amore del Padre, quell’amore tanto grande che diventa incomprensibile al di fuori della Logica di Cristo. È lui la nostra Pasqua, la nostra Salvezza, la nostra Gioia; ecco perché «dominica in laetare». Rallegriamoci in Lui!

Siamo nel pieno di questo cammino quaresimale,  e perché questa domenica viene detta della gioia? In  noi abita la stessa domanda che, nella Divina Commedia, al canto XXIV del Paradiso, San Pietro Apostolo rivolge a Dante «Questa cara gioia, sopra la quale ogne virtù si fonda – chiede l’Apostolo -, onde ti venne?».

La risposta è chiara: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito, perché chiunque crede in Lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna». Diffondiamo il buon profumo della gioia. Buon cammino a tutti.

Suor Tiziana Chiara