Digiuno, preghiera, elemosina: armi spirituali

«Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). È la Parola del Padre che, veicolando il suo amore, fa vivere; molto più che sicurezze di carattere economico o materiale. Come per i neonati, per i quali è insufficiente la nutrizione se non ricevono abbracci, carezze e incoraggiamenti dai propri genitori. Il cammino penitenziale della Quaresima è quindi un’opportunità preziosa per addestrarsi nelle battaglie contro il male, «indossando le armi della luce» (cfr. Rm 13,12).La Chiesa all’inizio di questo tempo forte consegna «l’armatura di Dio» (Ef 6,11) attraverso tre armi spirituali: il digiuno, la preghiera e l’elemosina.Il digiuno non è per dare qualcosa a Dio o per vantarsi di essere forti. Non a caso, le diete più intelligenti, consapevoli della fragilità umana, prevedono spazi per il gusto e la piacevolezza. Piuttosto, l’astensione dai cibi fa sperimentare la propria caducità e quindi eleva l’ascolto della vita interiore. Questo avviene ancor più quando il digiunare non si riferisce solo all’aspetto nutritivo, ma alla ricerca di una giusta misura per vivere le passioni. È l’esperienza che solo Dio nutre davvero il cuore dell’uomo.La preghiera poi non è un modo, come avviene nel mondo pagano, per ingraziarsi l’Onnipotente. È  piuttosto un dialogo interiore da coltivare, per mettersi in ascolto della Sua volontà. Si tratta di guarire dall’egolatria: togliere dal centro il proprio «io», per mettervi Dio. Ecco perché il Figlio di Dio risponde: «Non metterai alla prova il Signore Dio tuo» (Mt 4,7). Questo dialogo interiore si affina nell’esperienza comunitaria e cresce nella misura in cui è condiviso con altri. La preghiera più potente è quella fatta insieme. Come dice Gesù: «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20).L’elemosina permette poi una piena condivisione: solo chi riconosce gli altri come fratelli può rivolgersi davvero al Padre di tutti. Come ricordava Giorgio La Pira, il detto evangelico «quod superest, date pauperibus» non va tradotto con «quel che avanza, datelo ai poveri», e cioè: «mangiate per primi, quando avrete finito, quel che resta regalatelo ai poveri». Non si tratta di dare ciò che avanza, ma di condividere quello che è sulla propria tavola.Un babbo e una mamma che mostrano ai propri figli la forza del digiuno, della preghiera e dell’elemosina, rendono la propria casa una palestra di virtù. Soprattutto mostrano il volto misericordioso del Padre. Dio infatti non è un limitatore delle capacità umane. Papa Francesco ci ricorda che «il serpente astuto, di cui parla il Libro della Genesi, ai primordi dell’umanità, si rese artefice della prima fake news (cfr Gen 3,1-15) (…). Nel racconto del peccato originale il tentatore, infatti, si avvicina alla donna facendo finta di esserle amico, di interessarsi al suo bene, e inizia il discorso con un’affermazione vera ma solo in parte: “È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?”(Gen 3,1)». Gesù ha offerto il suo corpo per la Chiesa sua sposa e così ha riparato il peccato dell’umanità. Con la sua obbedienza ci fa sperare nella conversione, la via attraverso la quale in Lui «tutti saranno costituiti giusti» (Rm 5,19).*Vicario del Vescovo di Grosseto