Di fronte all’incredulità

Letture del 6 luglio, 14ª domenica del tempo ordinario: «Sono una genia di ribelli; sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro» (Ez 2,2-5); «I nostri occhi sono rivolti al Signore» (Salmo 122); «Mi vanterò delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo» (2 Cor 12,7-10); «Un profeta non é disprezzato che nella sua patria» (Mc 6,1-6)

DI SANDRO SPINELLIIl vangelo di Marco, fin dalle prime pagine, ci offre un’interessante chiave di lettura: le diverse risposte, le diverse prese di posizione degli uomini di fronte alla persona di Gesù che parla e agisce. Troviamo reazioni di ammirazione e di stupore, di meraviglia e di timore… Nel brano di questa domenica troviamo pure: l’incredulità!Gesù è nella sinagoga, il Suo insegnamento stupisce i Suoi ascoltatori per l’autorevolezza col quale è proposto, per la sorprendente novità dei contenuti e per Sua capacità di incidere sulla/nella vita di molti. Ma gli ascoltatori sono i Suoi concittadini, lo conoscono… e si interrogano sull’origine della Sua sapienza e sui miracoli che compie.

Ciò che sgomenta noi ora (come fu per Gesù allora) è la motivazione che ha generato la domanda dei nazareni. Non si riscontra sincerità nell’interrogativo posto, anzi è evidente un malcelato pregiudizio. Risulta chiaro che gli abitanti di Nazaret non si sono posti di fronte a Gesù come di fronte al Mistero che li ha raggiunti e li abbraccia; anzi, sono riusciti a ridurre il Mistero (Dio tra noi) con l’illusione della consuetudine, catturandolo dentro gli schemi delle relazioni familiari che loro già ben conoscono. Non contestano a Gesù le opere e le parole che proclama; la loro incomprensione – che diventa incredulità – si pone ad un livello più profondo: Egli è uno di noi, conosciamo bene lui, la famiglia, il suo passato… come può venire da Dio questo Gesù? Come può essere il Messia?

In ciò sta la consistenza dello scandalo: da una parte le grandi attese del popolo di Israele fondate sulla promessa di Dio… dall’altra la non accoglienza della novità che è la persona di Gesù. Il Signore Gesù è certamente riandato alla storia trascorsa, alla tradizione del Suo popolo e in questa storia ha ritrovato altre situazioni del tutto simili alla Sua; infatti sconcertato afferma: «un profeta non è disprezzato che nella sua casa…», «nemo propheta in patria!»

Ma Gesù, pur meravigliato dell’insuccesso e dello scandalo, non si ferma. Continua a seminare e a seminare in abbondanza; il terreno che lo riceve, darà frutti in quantità diversa non dipendente dal seme, bensì dall’accoglienza. Con eroica perseveranza prosegue il Suo lavoro. «Gesù percorreva i villaggi, insegnando» conclude il Vangelo di oggi.

Anche il profeta Ezechiele incontra un rifiuto; egli pure non si ferma e continua a richiamare con costanza al suo popolo il vero volto di Dio. La sua parola è un invito a cambiare il modo di pensare Dio. Ma il popolo non vuole comprendere. Il profeta tuttavia non tace perché vive di una certezza: sa di proclamare parole non sue ma… di Dio. Poco importa se l’uomo non vuole com-prendere (prendere con sé); la parola del Signore va comunque proclamata… prima o poi, in uno o in tanti… porterà frutto. L’aspetto propositivo, buono, utile… l’insegnamento per noi è tutto contenuto nell’atteggiamento di Gesù e di Ezechiele: imperterriti e con ostinazione hanno continuato la loro santa missione.

Gli episodi – del vangelo e di Ezechiele – presentano una profonda analogia tra ciò che ha scandalizzato gli ebrei d’allora e le obiezioni a credere di ogni uomo della terra, di oggi e di sempre. La terribile somiglianza sta nel ritenere di sapere già tutto di Dio e quindi di possedere tutte le garanzie sulla fede in Lui. Non abbiamo bisogno di null’altro. Questa presunzione mentre ci fa perdere la compagnia del Signore, fa perdere noi a noi stessi; certo perché in tal modo ci giochiamo la ricchezza di umanità e di santità che – forse – desideriamo e che solo il buon Dio può donarci, attraverso i Suoi inviati.

C’è, inoltre, un’altra qualità del vivere umano che dimostra ogni giorno di essere deficitaria, la cui conseguenza è altrettanto infruttuosa quanto la presunzione: è la carente capacità d’ascolto

Il buon progetto di Dio non è nascosto, eppure fatichiamo a riconoscerlo, ad accettarlo e quindi a viverlo. Dinanzi alla profezia – indicazione offerta da Dio per il nostro ben e buon esistere, a volte siamo scettici, altre volte c’è addirittura la ribellione… proprio come descritto nella prima lettura. Succede anche, e non raramente, che venga oltraggiato il profeta che dice parole non sue (intendo riferirmi alle offese ricevute da genitori, maestri, educatori…). Per costoro, ecco la soluzione di Dio: «Ti basti la mia grazia; la mia potenza si manifesta pienamente nella tua debolezza» (2Cor 12, 7-10). Come dire: se sei forte tu o uomo, non c’è spazio per la potenza del Signore; invece Io mostro la Mia operosità a vantaggio dell’uomo, dentro la tua povertà, debolezza e fragilità. Queste sono le parole che il Signore dice anche a te: padre o madre, volontario, insegnante, catechista, sacerdote… e chiede vitale adesione e incondizionata fiducia.