Di fronte ai nemici Gesù ci dice: «non abbiate paura»

22 giugno, 12ª domenica del Tempo ordinario: «Il Signore ha liberato la vita del povero dalle mani dei malfattori» (Ger 20,10-13); «Nel tuo grande amore rispondimi, o Dio» (Salmo 68); «Il dono di grazia non è come la caduta» (Rm 5,12-15); «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo» (Mt 10,26-33)

di Marco Pratesi

«Non abbiate paura», dice il Cristo ai suoi inviandoli al mondo. Il difficile e contrastato cammino della Parola tra gli uomini è ben illustrato in una delle esperienze più significative dell’ebraismo, presentata nella prima lettura, quella del profeta Geremia.«Terrore all’intorno» è il nome che gli danno in molti, sintetizzando in modo sprezzante la sua predicazione. Gli «uomini della pace», coloro coi quali il profeta intratteneva un rapporto di amicizia, sono oramai intenti a osservarlo con attenzione per cogliere gli indizi della sua caduta, attenti a spiare il momento del suo crollo. Attendono un suo passo falso, uno sviamento, per prevalere definitivamente su di lui e metterlo a tacere. Di fronte a ciò, Geremia esprime la propria fiducia, richiamando quanto il Signore aveva promesso al momento della chiamata: «io sarò con te». Il Signore stesso combatterà per lui come un prode. Questo significherà in pratica che l’azione dei suoi nemici si rivelerà inefficace e stolta, qualcosa di cui dovranno pentirsi, per cui provare imbarazzo e confusione. Saranno gli eventi a mostrare chi ha ragione. In questa lite, Geremia si offre allo sguardo di Dio che scruta reni e cuore (nuova CEI, non molto felicemente: «cuore e mente»), le emozioni e gli orientamenti intimi: il Signore conosce la sua intenzione; e gli presenta la contesa che lo vede opposto ai nemici, scoprendo davanti a lui la sua angoscia e affidando a lui il compito di fare giustizia.

La rivelazione biblica sia vetero che neotestamentaria, ci avverte a chiare lettere che abbiamo da scontrarci con dei nemici. Chi è il nemico? È colui che vuole riunchiuderti definitivamente nel buio e farti gelare il cuore in petto, uccidere in te la fiducia, soffocare il bene, chiuderti agli altri, mostrare falso ciò in cui credi, insomma distruggerti. Chi merita appieno questa definizione è «il nemico» per eccellenza, lo spirito del male (cf. Mt 13,39; Lc 10,19) con i suoi angeli. Ma certo si incontra qualcosa del genere anche nelle relazioni interumane (un po’ tutto il Salterio ce lo ricorda), quando veniamo in contatto con persone che, più o meno consapevolmente e volontariamente, hanno – o possono avere – questi effetti. C’è una lotta da sostenere per rimanere vivi, aperti, fiduciosi, positivi, e avere perciò qualcosa da portare al mondo. Una lotta che possiamo vincere perché in Cristo siamo già salvi «dai nostri nemici e dalle mani di tutti quelli che ci odiano» (Lc 1,71) cosicché possiamo servire Dio »senza paura, per tutti i nostri giorni» (Lc 1,74). Per vincerla è fondamentale essere nell’atteggiamento del povero che grida al Signore, che non si fonda sulle proprie risorse, ma affida a lui la propria causa, nella certezza assoluta che il Signore farà giustizia. Perché nella misura in cui si ricerca la verità e l’amore Dio è con noi; e nella misura in cui queste cose sono combattute e oppresse è già all’opera il giudizio di quel Dio che sazia i poveri e spoglia i ricchi.