Dalla vendetta alla misericordia
La liturgia di questa domenica è in continuazione con il vangelo di domenica scorsa. Qui Gesù prende in esame la legge del taglione che sostituisce con la misericordia e il comandamento dell’amore per il fratello ma che deve esser capace di allargarsi e dilagarsi anche per il «nemico».
La presenza di Gesù diventa fondamentale in questo contesto, va a spezzare una mentalità di giustizia e odio che si era creata nel primo testamento, dove vi era la legge per la legge senza un briciolo di cuore: tu hai fatto torto a me e io lo faccio a te. Cosi facendo si illudevano in una giustizia fatta. Gesù viene a spezzare questo modo di fare, di pensare e dona all’uomo la misericordia, fa conoscere la giustizia divina. Sono versetti che fanno riflettere e che contrastano molto dal nostro modus vivendi: Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra. In questo versetto Gesù comincia a consigliare, in modo pratico, quella che è la regola d’amore del Padre, usando la misericordia. È facile reagire a uno schiaffo, il difficile è resistere, aspettare che passi la rabbia e se necessario avere l’umiltà di porgere l’altra guancia.
La tolleranza non è sinonimo di deficienza o di stupidità. La tolleranza cristiana è avere la forza di pazientare cioè di portare il male dell’ altro e cercare di trasformarlo in bene. Adempimento della legge di Cristo è saper portare i pesi gli uni degli altri (Gal 6,2). L’atteggiamento del porre l’altra guancia, ci riporta al «servo sofferente» di Isaia che non sottrae la sua faccia agli insulti e agli sputi (Is 50,6). Gesù vuole sconfiggere la mentalità che c’è dietro la norma del diritto alla vendetta. Se ripaghi uno con la stessa moneta con cui ti ha pagato, non togli la radice dell’inimicizia. Al contrario, la radichi ancor più. Il male si vince se è sradicato dalla radice. Per questo Gesù propone una via di superamento attraverso un atteggiamento di amore sovrabbondante. Il male si vince con il bene. Se uno vuole toglierti la tunica, cedigli tutto, anche il mantello; se sei costretto a fare un miglio, fanne anche due; se ti chiedono un prestito, non rifiutare di farlo. A tutti noi queste proposte appaiono impossibili. Farsi percuotere l’altra guancia sembra essere una vocazione per masochisti, o per pochi; magari per i consacrati o missionari che accettano e scelgono di vivere una vita in assoluto per il Signore. Noi cristiani siamo chiamati a meditare questa pagina di Vangelo facendoci portatori di giustizia e di amore.
Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici. Per Gesù ogni uomo, fosse anche un nemico o un persecutore, diventa il prossimo. All’odio istintivo egli oppone l’amore, un amore operante che si esprime attraverso gesti concreti: l’ospitalità la preghiera per i persecutori. Il cristianesimo non è una religione di servi, che si mortificano e si umiliano e non reagiscono; non è «la morale dei deboli che nega la gioia di vivere» (Nietzsche). Ma la religione dei re, degli uomini totalmente liberi, padroni delle proprie scelte anche davanti al male, capaci di interrompere la spirale della vendetta e di scoprire reazioni nuove, attraverso la creatività dell’amore, che fa saltare i piani, scombina le regole ma poi rende felici.
Lasciamoci toccare dalla sua Parola e viviamo imitando Cristo modello di vera umanità e di misericordia.
Suor Tiziana Chiara