Dalla parte dei poveri

Letture di domenica 24 novembre, solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo: «Voi siete mio gregge: io giudicherò fra pecora e pecora» (Ez 34,11-12.15-17); «Tu mi conduci, Signore, nel regno della vita» (Salmo 22); «Consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto in tutti» (1 Cor 15,20-26.28); «Si siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri» (Mt 25,31-46)

DI SILVANO PIOVANELLILa festa di Cristo Re alla fine dell’anno liturgico dice con forza che Gesù il Cristo è il punto di approdo della storia dell’umanità e della nostra vita personale. Tutti saremo dinanzi a Lui: tutte le genti, dice la pagina di Matteo, ebrei e gentili, greci e barbari, uomini e donne, credenti e non credenti. C’è una divisione (le pecore alla destra, i capri alla sinistra). Ma non viene decisa dall’appartenenza ad un popolo, ad una tradizione religiosa, ad una chiesa.Si potrebbe dire: non è Dio che ti fa pecora o capro; sei tu stesso che ti costruisci in un modo o in un altro con la tua condotta concreta.

La cosa può sorprendere, come ci fa chiaramente intendere la parabola: i buoni sono sorpresi di essere buoni e i cattivi sono sorpresi di essere cattivi: gli uni e gli altri dicono: «quando mai ti abbiamo fatto questo…? quando mai non ti abbiamo fatto questo…?».

La risposta è per gli uni e per gli altri speculare: quello che viene fatto o non viene fatto a chi ha fame ed ha sete, a chi è nudo o senza tetto, a chi è straniero, carcerato, malato è a Gesù stesso che viene fatto o viene negato. Così, Gesù accolto o respinto nella concretezza dell’umanità diventa la misura della tua vita.

Diceva Madre Teresa di Calcutta: «Lo so: ci sono milioni di poveri, ma io penso ad uno per volta: Gesù non è più di uno! Bisogna sempre occuparsi delle persone povere individualmente. I poveri non si possono salvare che ad uno ad uno. Non dovremmo servire i poveri come fossero Gesù; dobbiamo servirli perché sono Gesù!».

«Quanto più il lavoro ripugna, tanto più grande dovrebbe essere la nostra fede e gioiosa la nostra dedizione. Provare disgusto è naturale, ma superarlo, vedendo Gesù nel malato, è un atto eroico. La santità si raggiunge anche attraverso la virtù eroica su certi tipi di ripugnanza. Fu il caso di Francesco di Assisi, che incontrando un lebbroso dal volto sfigurato, si tirò indietro. Ma quando superato se stesso, volle baciare quel volto completamente deturpato, fu ricolmo di una gioia indicibile. Divenne completamente padrone di se stesso e il lebbroso se ne andò lodando il Signore per la guarigione».

«Se fossi passata oltre quando sentii l’odore di quella donna mezza divorata dai topi, quando vidi il suo viso, le sue gambe, oggi non potrei essere una missionaria della carità. Ma io tornai indietro, la feci alzare e la portai all’ospedale locale. Se non l’avessi fatto, la nostra Congregazione sarebbe morta!»

Se decidi di stare, con questo spirito e questo coraggio, dalla parte dei poveri, avrai la garanzia che il Signore che verrà nella sua gloria non ti troverà dalla parte sbagliata.