Dalla logica del mercato alla logica dell’amore
Letture del 18 settembre, 25ª domenica del Tempo ordinario: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri» (Is 55,6-9); «Il Signore è vicino a chi lo cerca» (Salmo 144); «Per me vivere è Cristo» (Fil 1,20-27); «Sei invidioso perché io sono buono?» (Mt 20,1-16).
Eppure Gesù, da duemila anni, proclama una ben diversa prospettiva: modificare radicalmente i comportamenti umani e culturali sotto la spinta di quel Dio che viene a manifestare il regno dell’amore gratuito nel mondo. Nei testi del Vangelo di Matteo che la Chiesa propone alla nostra riflessione in questi ultimi mesi del Tempo ordinario non solo vediamo scorrere l’ultimo periodo della vita di Gesù, ma anche riaffermare con forza questa realtà di Dio che i sapienti del mondo vedono soltanto come ingenua utopia. È il periodo che si concluderà con la morte tragica del Signore e la sua risurrezione. Dunque, un periodo decisivo per ascoltare col cuore la «rivoluzione» che Gesù instaura a proposito di Dio. In questo periodo, in effetti, Gesù parla a lungo con i suoi discepoli e con insistenza cerca di farli entrare nella maniera di Dio di vedere le cose della vita e dei rapporti tra gli uomini. Per questa ragione è preoccupato dalla domanda che Pietro e i suoi discepoli gli hanno rivolto poco prima: «abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito: che cosa ne ricaveremo?» (Mt 19,27). Gesù, intanto, assicura loro che condivideranno la sua gloria accanto al Padre, nel cielo, ma vorrebbe anche che non ponessero la questione in termini così fiscali o mercantili: a chi dà tanto, Dio deve rendere tanto!
Purtroppo, questa mentalità umana, troppo umana, intacca sempre il nostro rapporto con Dio e quasi tentiamo di colpevolizzarlo con le nostre lamentele o i nostri rifiuti se non ne ricaviamo quel vantaggio che speravamo. In realtà, il regno di Dio ha altre leggi e il profeta Isaia lo sottolinea chiaramente: «i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. I miei pensieri sono più alti dei vostri pensieri» (Is 55,8-9). E san Paolo ammonisce i Filippesi: «comportatevi da cittadini degni del Vangelo» (Fil 20,27). Ma tutto diventa chiaro nel momento in cui Gesù racconta la parabola del padrone della vigna e dei lavoratori giornalieri che ricevono tutti lo stesso salario pur avendo lavorato chi più e chi meno, con quella conclusione che ci sconcerta: «gli ultimi saranno i primi, e i primi gli ultimi» (Mt 20,16).
Gesù invita i discepoli a comprendere il contrasto che esiste tra l’«atteggiamento del padrone» che non bada ai suoi interessi materiali, ma anzi è pieno di compassione e di amore, e l’«atteggiamento dei lavoratori primi» che pensano solo ai propri interessi e meriti manifestando invidia e risentimento per la bontà di Dio. In realtà, Gesù ci invita a spostare la nostra attenzione, da noi stessi, dai nostri meriti, per volgerla agli altri, ai nostri fratelli e sorelle, ed essere felici perché il Padre ha con loro un cuore largamente misericordioso. Gesù ci invita a pensare che tutti siamo degni di amore perché tutti abbiamo lo stesso amore del Padre.
È la rivelazione dell’amore di Dio per gli uomini e i così detti giusti, sottolinea Gesù, non devono provare invidia, ma godere di fronte a un Padre che ama anche i fratelli peccatori. Un giorno, nel cielo di Dio, lo ringrazieremo di averli salvati anche per le nostre preghiere e la nostra costosa e talvolta drammatica obbedienza.