Dal poco al molto amare

13 giugno, 11ª domenica del Tempo ordinario. Letture: 2Sam 12,7-10.13  Gal 2,16.19-21   Lc 7,36-8,3di GIANCARLO BRUNIEremo delle Stinche – Panzano in Chianti

1. Pagina di altissima intensità, questa dell’incontro tra «un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori» (Lc 7,34) e «una peccatrice di quella città» (Lc 7,37). Un incontro in casa di Simone il fariseo a tavola, luogo privilegiato dal Gesù dei vangeli per il suo favorire una lettura di lui come amica convivialità che non si sottrae a nessuno, nel caso al fariseo Simone, alla donna peccatrice e all’insieme dei commensali. Donna non invitata che venuta a conoscenza della presenza di Gesù si intromette in un simposio per soli uomini nella casa del puro, ove non dovrebbe esserci posto per l’impura. Donna che attrae l’attenzione con una serie di gesti voluti che parlano da soli. Si accovaccia, alla maniera discepolare, ai piedi di Gesù, li lava con le sue lacrime, li asciuga con i suoi lunghi e sciolti capelli, li bacia e li profuma. Una ritualità amorosa che dà avvio alla mai conclusa catena delle interpretazioni, a cominciare da quella di Simone.

2. «Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!”» (Lc 7,39). Il fariseo al gesto della donna contrappone, in un soliloquio interiore, la sua visione religiosa che non contempla contatto d’amore tra i vicini a Dio, nel caso i profeti, e i lontani da Dio, nel caso una peccatrice. Il puro e il giusto domandano separatezza dall’impuro e dall’ingiusto. Scontato è il giudizio su Gesù, non può dirsi profeta chi infrange questa logica. A questo punto Gesù espone la sua interpretazione del gesto incanalando il discorso, attraverso la parabola dei due debitori (Lc 7, 40-43), nel suo giusto binario che è quello dell’amore. E tra i due è proprio la peccatrice ad avere amato di più adempiendo in sovrabbondanza quei gesti dell’ospitalità che Simone ha disatteso: il lavare i piedi, il bacio della guancia e l’unzione del capo con olio (Lc 7,44-46). «Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati perché ha molto amato» (Lc 7, 4 7a). Gesù ha letto il gesto della donna come espressione di una riconoscenza intrisa di amore che viene da lontano. Ella sapeva di lui, forse faceva parte del seguito femminile di Gesù (Lc 8, 1-3), e ha colto l’occasione per dire pubblicamente a chi si ritiene giusto che davvero «sono belli i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza» (Is 52,7). Piedi che arrecano il pianto, il bacio, il profumo e il perdono di Dio agli smarriti restituiti alla pace con il cielo, con sé e con la terra: «I tuoi peccati sono perdonati….la tua fede ti ha salvata; va’ in pace!» (Lc 7,48.50). Piedi indice di un venire di Dio non nella separazione e nel giudizio ma in una redenzione che genera lacrime di gioia, baci di riconoscenza e spreco di profumo. Gesto dunque come risposta di amore a un dono di amore. Ecco perché le è stato perdonato molto, a «causa» del suo molto amare Gesù, un amarlo al contempo «segno» e conseguenza del come è stata amata da Gesù. Un incontro tra l’eros divino e l’eros umano convertito in sequela: «lo stare con lui» (Lc 8,1).

3. «Invece colui al quale si perdona poco, ama poco» (Lc 7,47 b). È il caso del fariseo rappresentante di un tipo d’uomo universale che fa della sua ritenuta giustizia un motivo di distanza e di condanna. Uno stadio di ancora «poca» conoscenza di Dio come amore senza misura e riguardi di «poca» conoscenza e di sè in verità: «Chi conosce il proprio peccato è più grande di chi risuscita i morti», (Isacco il Siro). Un «poco» da cui il Gesù che non esclude e che non si esclude a nessuno muove per risvegliare il fariseo che sonnecchia in noi al «molto».