Cristo risorto è in mezzo a noi
Letture del 30 aprile, terza domenica di Pasqua: «Avete ucciso l’autore della vita; ma Dio l’ha risuscitato dai morti» (At 3,13-15.17-19); «Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto» (Salmo 4); «Gesù Cristo è vittima di espiazione per i nostri peccati e per quelli di tutto il mondo» (1 Gv 2,1-5); «Il Cristo doveva patire e risuscitare dai morti il terzo giorno» (Lc 24,35-48)
Giovanni ci dà la sua specifica testimonianza (seconda lettura) ciò che ha conosciuto del Verbo della vita, Gesù, Messia e Servo. Questa «conoscenza» non si può fare oggi senza osservare i comandamenti; scartandoli, di fatto si rigetta il Signore. Credere in Gesù morto e risorto, vuol dire permettere all’amore di trasformare i nostri cuori e i nostri comportamenti. «Toccando» («Toccatemi», dice il Risorto ai suoi amici) le membra doloranti del vivente corpo dì Cristo, si confessa oggi la nostra fede nel Risorto. Dio ha vinto i potentati mondani e ci dà la possibilità di continuare la stessa opera di Gesù, amando come Lui. Di questi testimoni ha urgente necessità il nostro mondo incredulo e smarrito tra le mille seducenti proposte che lasciano tanta inquietudine e vuoto. La testimonianza non è dire parole (quanti parolai!), ma essere umili e lieti operai della vigna del Signore nella ferialità dei giorni.
Testimoni del Cristo risorto, siamo chiamati a convertirci, a cercare nella fede in Lui il cammino della fedeltà a Dio. Ringraziamo incessantemente il Cristo, primo dei risorti, eternamente presente alla sua Chiesa. Apriamoci all’intelligenza delle Scritture e, per mezzo di esse, a entrare nel progetto di Dio sull’umanità, come testimoni gioiosi del Cristo operante con il Suo Spinto nel mondo. II Risorto infatti non è più relegabile in un luogo o in un’esperienza manipolabile («eccolo qui, eccolo là»). Ormai è nella compagnia degli uomini, sta in mezzo a noi, condivide il nostro passo; ci dà di passare dal necrologio delle nostre malefatte, al senso e all’orientamento della speranza inscritta nell’opacità delle nostre tortuose e contraddittorie vicende.
Alla luce della Parola trova senso il nostro lavoro, il nostro impegno, il nostro gioire e soffrire, il nostro cercare e credere non semplicemente in Dio, ma nel Dio che ha risuscitato dai morti il Suo Figlio Crocifisso.