Cristo ci fa diventare concittadini del cielo
Nel profluvio di immagini che circolano in rete ve ne sono alcune particolarmente espressive per introdurci alla festa di questa domenica, Ascensione del Signore. Sono immagini di Cristo, simili a certe icone orientali che, se viste da vicino, si scoprono composte da centinaia di piccole foto tessera, volti di uomini e donne, giovani, bambini, anziani di ogni etnia, accostate le une alle altre in modo tale da sfumare, da una certa distanza, nel volto del Signore.
È un procedimento che è più o meno quello del mosaico, con la differenza che ogni tessera non è piatta e anonima, ma unica e irripetibile come ogni volto umano, con un proprio valore e significato, che non può essere, quindi, intercambiabile con un’altra, per il semplice fatto che un’altra uguale non esiste. Questo può aiutarci a pensare non tanto a Cristo asceso al cielo, quanto a Cristo come nostro cielo, egli che riempie di sé tutte le cose e nel quale ciascuno di noi può trovare il proprio posto.
Non si tratta solo di una costruzione volontaristica del Cristo totale, pensiero pericolosamente somigliante all’intendimento degli uomini di Babele (cf. Gn 11,4), piuttosto che Cristo accoglie ciascuno di noi come fratello, figlio, compagno di strada e nel quale troviamo il nostro habitat più autentico, capace di valorizzare ciascuno e tutti, nella relazione reciproca e con Lui stesso. Il Dio che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti, secondo le parole di Paolo (Ef 4,1-13; 2a lettura), il Dio nel quale ci muoviamo ed esistiamo è il cielo aperto dove Cristo ci ha trasferito ed è per questo che il mistero dell’ Ascensione è un mistero di vicinanza tale per il quale possiamo già sentirci concittadini dei cieli e familiari di Dio, perfino già risorti (cf. Ef 2,6.19) perché non siamo più dispersi, i nostri volti, le nostre vite, non sono una realtà caotica, un’ammucchiata di significati contraddittori, nel cosmo è già all’opera una forza capace di strutturarci in un disegno che si manifesta nel corpo di Cristo del quale facciamo parte.
Alle volte potremmo pensare che questo volto di Cristo sia come «esploso», scarsamente percepibile e disperso negli innumerevoli frammenti che lo compongono. Ma la Pasqua di Cristo e l’opera del suo Spirito (che celebreremo domenica prossima) ci garantisce che questo volto è già alla radice di ogni cosa e si va manifestando fino alla sua pienezza. Se i nostri volti, le nostre vite, come quelli di ogni uomo, hanno un significato è vero anche che tutto si gioca nelle relazioni, nella faticosa comunicazione di ogni giorno. Il servizio, la diaconia, la ministerialità nella Chiesa non è solo un apparato organizzativo, è la modalità concreta di vivere l’Ascensione del Signore al cielo, e questo non solo in senso ecclesiale e liturgico, ma anche laicale e che può prendere le forme della politica, dell’economia, della ricerca scientifica (anche se questi temi sembrano essere lontani anni luce dalle questioni nei quali si dibatte – e alle volte si impantana- la nostra società). E comunque l’ Ascensione di Cristo è collegata a questo scaturire di doni per gli uomini, una vittoria di Cristo sulle potenze del cosmo che non ha niente di distruttivo o schiacciante, visto che, come recita il salmo citato nella seconda lettura, alla fine anche i ribelli abiteranno presso il Signore Dio (Sal 68,19), così tanto il mistero di Cristo è capace di ricomprendere e dare significato a tutte le cose.
*Cappellano del carcere di Prato