«Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). L’invito di Gesù è pronunciato al culmine del Discorso della Montagna e spalanca le vie ripide dell’amore. In realtà, non si riferisce a una perfezione formale; è piuttosto una chiamata a lasciarsi modellare dalla Grazia del Padre. Solo così si può andare oltre la legge antica, che recitava: «Occhio per occhio e dente per dente» (cfr. Es 21,23-25). Questa regola era stata consegnata da Dio al popolo, attraverso Mosè, per limitare la naturale reazione dell’ira dinanzi a un sopruso o a una violenza subita. Gesù ribalta l’orizzonte e ci conduce al cuore del cristianesimo: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,43-45). Il cammino del cristiano è innanzitutto una kènosis, una spogliazione, nella via indicata dal Crocifisso. Nei primi secoli della Chiesa le vasche battesimali contenevano sette gradini da scendere e altrettanti da risalire, dopo essersi immersi nella Grazia di Cristo. L’amore ai nemici è infatti il frutto più bello della figliolanza con il divino e dà la forza di abbassarsi davanti al fratello. Come dice Papa Francesco nell’Amoris laetitia, «il perdono per l’ingiustizia subita non è facile, ma è un cammino che la grazia rende possibile» (AL 242) e diventa il cemento per la vita coniugale e per il rapporto genitori-figli. «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (Lv 19,2) implica aver appreso l’arte di perdonare. Se in famiglia si apprende questa legge nuova, la casa diventa la più efficace palestra sociale, una vera fucina per formare i migliori cittadini della società. È un’attitudine che si apprende sin da piccoli, quando magari il babbo è tornato stanco da lavoro e la mamma, anche lei sfiancata dalla giornata, gli si è avventata contro con la lista delle cose da fare. Poi però, basta guardarsi meglio in profondità e incontrare la propria fragilità e quella dell’altro, per piangere sui propri peccati. Come fece Pietro quando dopo il tradimento «si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: “Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai”. E scoppiò in pianto» (cfr. Mc 14,72). Da quella luce nuova negli occhi nasce il perdono coniugale, una linfa per la crescita dei propri figli. Questa somiglianza con il divino fa percepire di essere «tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in noi» (cfr. 1Cor 3,16). Così, la Parola illumina la via per andare oltre le interruzioni dell’amore, allenando i muscoli del cuore alla riconciliazione di coppia, con i propri figli e anche con la suocera, come diceva don Primo Mazzolari: «Che io voglia o no, la mia vita è legata al mio “perdermi” per coloro che amo. Se riesco a capire questo nuovo aspetto della mia vita, ove il “perdere” è il solo guadagno vero che posso fare, non sono più povero. (…) Le infedeltà dell’amore si perdonano moltiplicando l’amore».Questa forza che viene dall’alto impregna l’esistenza di un gusto nuovo, acquieta gli animi rissosi e fa risplendere la verità più grande: «Il Signore è buono e grande nell’amore» (cfr. Sal 102).