Chi vede me vede il Padre e l’uomo
1. «Dove vai?» (Gv 16,5) e che ne sarà di noi sono alcune tra le domande sottese ai «discorsi di addio» del Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,31-16,33) nei quali Gesù, a tavola, lascia ai suoi parole che hanno il sapore di un testamento, perle preziose affidate a cuori attenti. Come già Giacobbe con Giuseppe (Gen 47,29s), Giosuè con l’intero Israele (Gs 23) e Davide con Salomone (1 Re 2,1-9). Parole indice di una grande tenerezza nei confronti di amici per i quali non ci sono segreti (Gv 15,15), eppure tristi e angosciati dinanzi all’annuncio di un addio imminente che non deve significare rottura di un rapporto e venir meno di una fiducia: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» (Gv 14,1), dice Gesù. Comunque un andarsene che inevitabilmente provoca la domanda: «Dove vai?» (Gv 16,5), a cui l’insieme del discorso di commiato e dell’intero Vangelo offre la seguente risposta: «Vado da colui che mi ha mandato» (Gv 16,5); «vado al Padre» (Gv 16,17); «da Dio sono uscito e vengo lui mi ha mandato» (Gv 8,42); «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre» (Gv 16, 28). E ancora: «Io vado a prepararvi un posto» (Gv 14,2). Gesù è davvero un enigma, lo è la sua provenienza: «Di dove sei?» (Gv 19,9); lo è la sua collocazione: «Dove abiti?» (Gv 1,38); lo è il suo agire: «Sei un samaritano, hai un demonio sei un peccatore» (Gv 8,48; 9,24), no, «un maestro» (Gv 3,2) e «un profeta» (Gv 9,17), e lo è il suo approdo: «Dove vai?». Enigma convertito in mistero.
L’interrogativo Gesù diventa singolare conoscenza di Gesù quando la mente e il cuore si consegnano alla lettura sapienziale di lui suggerita al profondo dal Soffio di verità che dimora nel profondo (Gv 6,44; 14,26; 16,13-15). Questa l’esperienza giovannea testimoniata e trasmessa, al punto da poter dire: Tu vieni da colui nel quale abiti-dimori da sempre: «Io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14,10-11; 10,38); Tu vieni da «lassù» (Gv 8,23) per compiere quaggiù la volontà del Padre, la sua opera (Gv 4,34; 6, 38-40); Tu, compiuta l’opera, ritorni a colui che ti ha mandato. Questa la parabola di Gesù.
2. La Chiesa giovannea sa di essere l’insieme degli iniziati a una peculiare conoscenza dell’uomo Gesù come Tu la cui patria è il Padre: da lui generato-illuminato-inviato-richiamato, di lui richiamo da far nascere nei suoi amici rappresentati da Filippo un desiderio convertito in preghiera: «Signore, mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8). Desiderio antico di giorni, questo di vedere Dio faccia a faccia (Es 33,18; Sal 43,3), a cui così risponde Gesù: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,9). E in questo viene data risposta alla domanda: «Perché sei venuto?». Appunto per rivelare il Padre: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6), la via alla verità del Padre datore di vita.
In Gesù il mondo della non conoscenza è introdotto nell’ambito della conoscenza di Dio-amore (1Gv 4,16), del comandamento di Dio come dedizione senza condizioni all’altro sulle orme di Gesù (Gv 13,34) e dell’eternità come frontiera ultima dell’uomo (Gv 3,15).Risposta che fa di Gesù un unico: «Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lo ha rivelato» (Gv 1,18), egli parla di ciò che sa e testimonia ciò che ha veduto (Gv 3,11).
Per questo «nessuno viene al Padre se non per mezzo mio» (Gv 14,6), un Gesù in cui tutto è rivelazione di Dio: nel suo volto, nella sua parola-insegnamento (Gv 7,16; 8, 26.28.38; 12,49-50; 14,24; 16,15), nella sua conoscenza (Gv 10,14-15), nel suo giudizio (Gv 5,30; 8,15-16) e nella sua azione (Gv 5,19-20; 8,28-29; 14 10) vi sono quelli del Padre. In breve egli è il volto visibile dell’invisibile Iddio (Col 1,15), la parola udibile del silenzio di Dio (Gv 1,14) e il gesto verificabile della nascosta volontà di Dio. Un Dio la cui «gloria» è stata compiutamente svelata nell’ora della passione (Gv 12,27-28); suo vanto è l’essere totalmente al servizio della vita dell’uomo. A questo Dio il Signore Gesù è via, e alla domanda: «Dov’è tuo Padre» (Gv 8,19) egli risponde: «in me» (Gv 14,11). Il cristiano quando dice Dio pensa a Gesù quale criterio di discernimento di ogni discorso su Dio e di ogni azione in nome di Dio, una chiarezza nella franchezza e nella dolcezza da non smarrire. In quell’uomo confessato «mio Signore e mio Dio» (Gv 20,28) è dato vedere in verità il suo Dio, una visione bella e buona ove nitida è la percezione di non essersi sbagliati. Nè su Dio e neppure sull’uomo.
3. Gesù è l’uomo di confine in cui si incrociano e si raccontano la verità di Dio e la verità dell’uomo, chi vede lui vede il Padre e vede l’uomo: «Ecco l’uomo» (Gv 19,5). In lui, principio di identificazione dell’essere, l’uomo legge la sua origine, in Dio, la sua provenienza, da Dio, il suo compito, svelare l’amore di Dio apparso in Cristo, il suo approdo, in Dio in compagnia di quel Gesù che precede i suoi per preparargli un posto: «vado a prepararvi un posto perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,2-3). L’ Amico che viene da lontano ospitato dai suoi amici nel corso della loro vita è colui che li ospiterà per sempre nel suo mondo. La sua compagnia è il paradiso dell’uomo, motivi per non essere tristi non mancano.