«Chi non è contro di noi, è per noi»

DI GIACOMO BABINI Vescovo emerito di Grosseto27 settembre, 26ª Domenica del Tempo Ordinario. La fraternità cristiana, già  delineata profeticamente  nella prima lettura, costituisce il tema della liturgia di questa Domenica. Con i suoi insegnamenti Gesù configura la sua comunità aperta, diaconale, e domanda a coloro che vi aderiscono un animo libero da ogni preconcetto. La seconda lettura considera la pochezza  delle realtà umane e invita a non riporre in esse il nostro cuore.  Vangelo: «Chi non è contro di noi è per noi»Il vangelo ha due parti le quali hanno in comune l’insegnamento di Gesù sui retti  rapporti dei suoi discepoli con gli altri membri della Comunità. Ci sono però due contesti diversi. Nel primo si ripete in parte quanto era avvenuto al tempo di Mosè riportato dalla prima lettura. Alcune persone sconosciute agli apostoli, parlano bene di Gesù e cacciano demoni in  suo nome. Gli apostoli pretenderebbero per sé questo  compito, ma Gesù insegna loro ad essere magnanimi: se fanno bene lasciateli fare. Siamo tutti creature di Dio e in ciascuno di noi è rimasto un briciolo di memoria della nostra origine divina, la quale se trova  un giusto stimolo riemerge  a livello della coscienza.

Mentre sono intollerabili coloro che  dal di  fuori o dal di dentro della Chiesa diventano  seduttori di persone ancora eticamente malferme e le inducono al  male, come lo «scandalizzare questi piccoli». La pretesa superiorità  intellettuale tanto diffusa, di persone che cercano di portare alla caduta chi crede con semplicità, è satanica e non va tollerata per nessun motivo.

Non dimentichiamo che il peccato nella vita umana è sempre possibile e che anche le persone rette possono fare scelte sbagliate. Per questo motivo si suggerisce la prudenza, la disciplina, che ricordano l’agricoltore il quale pota le sue piante perché siano sempre vigorose e non appesantite da rami secchi.

I Lettura: «Due uomini fuori dall’accampamento»La prima lettura possiamo considerarla come un esempio della prima parte del Vangelo. Due dei settanta uomini scelti da Mosè non erano usciti dall’accampamento, ma lo Spirito scese anche su di loro e profetizzavano nel nome di Dio. Giosuè non vorrebbe, ma Mosè interviene  con una mentalità diremmo evangelica. Volesse il cielo, pensa Mosè, che lo Spirito cadesse su tutto il popolo. Per lo Spirito che «spira dove vuole» non esistono le barriere che gli si vorrebbero imporre con i nostri programmi. Il suo ordine non concorda sempre con quello ecclesiale, anche se Egli stesso prescrive l’ordine ecclesiale e la Chiesa lo deve difendere. La Chiesa non può neppure dalla libertà dello Spirito, farsi una regola per le sue licenze o tolleranze. Quanti Santi, riformatori hanno dovuto imporsi con fatica alle lentezze della Chiesa, e non si sono scandalizzati, e non hanno abbandonato la Chiesa, perché sapevano che i pensieri di Dio stanno in alto, al disopra degli uomini i quali comunque si perfezionano nell’obbedienza a coloro che il Signore ha costituito in autorità. II Lettura: «La vostra ricchezza è imputridita»Questa lettura smaschera ciò che evangelicamente è intollerabile: la ricchezza accumulata con la frode, l’usura e la sofferenza altrui. I beni frutto delle  corruzioni che  permangono non ostante la condanna del giudizio divino, che qui viene chiamato «il giorno della strage» sono beni già imputriditi. Il giusto sul quale si è accanita la prepotenza è il servo di Iawè nell’Aantico Testamento è il figlio dell’uomo nel Nuovo Testamento Lo devono sapere  tutti coloro che vengono sfruttati e poi respinti nella loro sofferenza. Il giusto nelle vicende storiche, non sempre può opporsi, ma, dice il Catechismo della Chiesa, rimane l’ingiustizia subita che  grida vendetta al cospetto di Dio.