Chi è il nostro prossimo? Chi ha bisogno di noi
Un dottore della legge si alzò per mettere alla prova Gesù: Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?
Domanda cruciale: quale è il senso della vita? Perché ci è donata e quale è il fine? Il catechismo di san Pio X rispondeva così: Dio ci ha creato per conoscerlo, servirlo e amarlo in questa vita e poi goderlo nell’altra.
Gesù se la cava brillantemente: tu sei dottore della legge e, dunque, la conosci: che ci sta scritto? E il dottore risponde, citando Deuteronomio 46,5 e il Levitico 19,18: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso. Questo è il primo e massimo dei comandamenti; nell’amore c’è dentro tutto il senso del vivere, lottare, sacrificarsi, lavorare, soffrire, donarsi, morire. Gesù si congratula col dottore: Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai, entrerai nella vita eterna. Ma il dottore, volendo giustificarsi, fa a Gesù un’ulteriore domanda e gli chiede: E chi è il mio prossimo? Gesù risponde con una parabola. Taglia subito corto su tutte le distinzioni che facevano sul prossimo: il connazionale, il correligionario, il… Prossimo è qualunque uomo, specie se bisognoso di soccorso. Anche se lo ritieni nemico, da non aiutare.
Un uomo scendeva, dice Gesù, da Gerusalemme a Gerico. Scendeva: la strada da Gerusalemme a Gerico, per circa 30 chilometri. Dirupa, scoscesa per circa mille metri (Gerusalemme è a 730 metri sul livello del mare; Gerico a 70 metri sotto il livello del mare) Tutta curve e giravolte, fra sabbie e anfratti, offre caverne e rifugi ai briganti, per assaltare e subito dileguarsi. Ecco che quest’uomo incappa nei briganti, che lo spogliano di tutto, lo percuotono e l’abbandonano mezzo morto sul ciglio della strada. Per caso, passa un sacerdote; torna dal tempio, ha dunque compiuto tutte le sue funzioni; sta tornando bel bello alla sua casa. Vede il poveretto; passa oltre, a distanza; lo scansa, va dall’altra parte. Così un levita: anche lui addetto al culto del tempio; anche lui ha terminato i suoi santi uffici. Anche lui vede e passa oltre, scansandolo. (È stato notato che questa è una parabola «anticlericale»: si può essere uomini di Chiesa e non avere la carità).
Passa, infine, un samaritano: un mezzo pagano, bastardo, impuro, squalificato. Che però si comporta in maniera assolutamente diversa. E Gesù si attarda a mettere in rilievo tutti i particolari, perché il bene va fatto bene e fino in fondo. Il samaritano era in viaggio; come dire: andava di fretta (non come il sacerdote e il levita). Andava per affari. E però appena vede il poveretto, gli si fa vicino; ne ha profonda compassione; scende da cavallo (rischia di essere assalito); disinfetta le ferite con l’aceto, ne dà sollievo col l’olio; lo porta in una locanda vicina; si prende cura di lui, lo assiste. Poi, quando al mattino deve riprendere il viaggio, raccomanda all’albergatore la massima assistenza. Anticipa due denari d’argento per qualunque evenienza. Assicura: Abbi cura di lui; ciò che spenderai di più te lo rifonderò al mio ritorno. Solo ora parte. Promettendo di tornare. Di saldare tutto. Parte e non lascia il suo biglietto da visita per poter essere ringraziato.
Gesù ha risposto ben più: fatti prossimo! Soccorri chi è nel bisogno! Fa’ questo anche tu come il samaritano e vivrai!
È ciò che dice a ciascuno di noi: va’ e anche tu fa’ lo stesso!
Alcuni santi Padri della Chiesa hanno visto nel buon samaritano Gesù, che si china sulle nostra umanità ferita. Ma qui si apre tutto un altro mirabile discorso.
*Sacerdote cappuccino