Che senso ha la morte in croce?

Letture di domenica 14 settembre, Esaltazione della Santa Croce: «Ho dato il mio corpo ai flagellatori» (Is 50,5-9); «Camminerò alla presenza del Signore» (Salmo 114); «La fede, se non ha le opere, è morta» (Gc 2,14-18); «Tu sei il Cristo – Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire» (Mc 8,27-35)DI ICILIO ROSSIQuale il senso della morte sulla croce? La domanda è doverosa e non solo per il cristiano, anche perché non sarà mai sottolineato abbastanza il paradosso della Croce che, sia per soli tre giorni, è segno di sconfitta, ma che insieme, per sempre, diviene segno di vittoria. Giovanni nel suo Vangelo (cap. 3) scosso e sconcertato sul Calvario, ci offre la spiegazione: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia ma abbia .la vita «piena».

Certamente lo sguardo dovrà passare dalla Croce di Cristo a Dio che «ama il mondo»! «Padre, glorifica il Tuo nome … per questo sono giunto a quest’ora».

Il dolore è un momento di verità, per rivelare alla persona ciò che essa è: per una persona di fede, sia pure con le difficoltà e refrattarietà, il dolore è invito all’Amen sempre più generoso e fedele, perché scopre che questo entra «nei progetti di salvezza di Dio» e non solo la sua ma anche di tanti altri!

Il Salmo 24 ci fa ripetere: «guidami nella tua verità»! In quella che Gesù ha indicato come la «sua ora», è condensato tutto il mistero di Cristo Salvatore.

Indubbiamente nei Salmi, l’esperienza del dolore è ricchissima! Semmai manca l’esperienza di Cristo, uomo del dolore. A volte costituiscono un lamento: «fino a quando? … quasi a dire che il tempo del dolore sembra interminabile. Altre volte sono espressione di fiducia: «a Te protendo le mie mani!» Oppure si esprimono come un grido dall’abisso, quando l’unico, possibile aiuto viene dall’alto: «dal profondo a te grido, o Signore»!

«Facendosi obbediente fino alla morte di croce» Gesù vive il suo momento privilegiato di preghiera e di offerta per la salvezza. Da questo momento che rappresenta un salto di qualità nei confronti del pio Israelita, Gesù ci propone il significato nuovo del dolore posto davanti a Dio: nulla è più libero dell’offerta di sé, il trionfo della libertà vera, perché messaggio di amore supremo.

Se la salvezza in fondo è costituita dall’accettare e vivere i gesti di Gesù, se le sue parole sono destinate non solo ad essere udite ma a farsi nella nostra vita, guardando alla sua croce come atto definitivo e supremo, ci verrà fatto di pregare come Lui: «Padre, si compia in me il mistero della tua volontà» (Mat. 26) e la preghiera del dolore si consuma nell’offerta quali «ostie sante, vive, gradite a Dio» (Rom. 13)

Infatti l’offerta di sé per amore, comporta la rinuncia a se stesso e l’adesione al volere di Colui al quale appartengo: «non ciò che voglio io, Padre, ma ciò che vuoi Tu»!

È la preghiera del Maestro, Sacerdote e vittima, che diviene anche la nostra preghiera di sacerdoti e figli insieme, sì da diventare sede dell’amore pasquale, coimmolati con Lui, in Lui, per Lui: Volgere gli occhi a Colui che hanno trafitto, significherà tutto questo!