Attendiamo con fiducia la fine dei tempi

Letture del 16 Novembre, 33ª domenica del Tempo Ordinario: «in quel tempo sarà salvato il tuo popolo» (Dn. 12,1); «Proteggimi, o Dio, in Te mi rifugio» (salmo 15); «Cristo con un’unica oblazione ha reso perfetti quelli che vengono santificati» (Eb 10, 11); «Il Figlio dell’uomo riunirà i suoi eletti dai quattro venti» (Mc. 13,24)

DI ICILIO ROSSICon questa domenica, ci troviamo alla vigilia della fine dell’anno liturgico ed il messaggio si incentra sulle ultime realtà, sugli ultimi tempi. Senza dubbio, l’animo dell’uomo avverte una certa apprensione quando si avvicina a questi temi. La stessa riforma liturgica conciliare, a volte, è stata criticata come se non avesse parlato abbastanza di ciò che attende l’uomo, dopo questa vita terrena. Di fatto, come oggi fa la Parola di Dio, la liturgia ripropone tale riflessione, in una dimensione più profonda, più positiva e insieme più corretta e rispettosa della rivelazione biblica, quella dell’amore di Dio. È significativo, per questo che Daniele ci indichi «la gioia e la beatitudine degli iscritti nel libro della vita» e il Salmista chieda al Signore che «gli indichi il sentiero della vita… gioia piena nella tua presenza». La seconda venuta nella gloria, «riunirà tutti i suoi eletti dai quattro venti». Non escludendo il giudizio di Dio, riconfermando la risurrezione della carne, il credente viene accompagnato dalla Parola verso una prospettiva di gloria e di vita, nel timore santo di non comprometterla col peccato. «Non abbandonerai la mia vita nel sepolcro». Verso quale metaLa considerazione biblica ci porta a capire come il futuro assoluto dell’uomo va verso quella vita «eterna–piena e definitiva» che ha come progetto vero e altrettanto assoluto della storia, Cristo morto, risorto e glorificato. Su questo Paolo non ha dubbi e lo propone con la forza che gli è propria, a tutti coloro che vogliono credere e sperare: «se Cristo è risorto,anche noi risorgeremo»! Tutto questo, nei riguardi nel nostro futuro, non è basato sul «non ben definito» o, tanto peggio, sulla fantasia a sfondo religioso, ma piuttosto su eventi ben definiti nella cristologia che sono: la risurrezione della carme come ascesa al cielo, il giudizio, e la parusia, come valutazione di amore che il rifiuto dell’uomo può rendere giudizio di condanna e quindi la vita eterna–inferno–purgatorio.È decisivo cogliere l’importanza di tale cammino compiuto non con paura o faciloneria, ma piuttosto con la visione profetica che ci viene offerta da Daniele e dalla stessa lettera agli Ebrei: l’opera di Dio troverà il suo compimento ed è garantita, sia pure in mezzo alle prove della vita, da Colui che, Sommo Sacerdote, da Signor conduce per tutti il regno di Dio dalla tappa terrena alle soglie dell’eternità. Nella cultura contemporaneaA chiunque affronta seriamente questi problemi in senso esistenziale, escludendo il senso biblico–religioso, sorge spontanea ed immediata la sensazione di risposte simili a quelle ricevute da Paolo nell’aereopago: «di queste cose ti ascolteremo un’altra volta»! Se fosse anche vero che nelle nostre omelie e catechesi fossero non sufficientemente sviluppati questi temi, non possiamo negare che la Parola di Dio, su questi, ci provoca in continuazione! Semmai è da considerare il contesto culturale moderno che a dire poco, è influenzato da correnti immanentische, dal pensiero debole, con un terenismo eretto a calcolo e a sistema che rifiuta il pensiero sulla morte giudicata come ricaduta nel nulla, stimolando così, alle occupazioni e preoccupazioni per un presente che poi finisce per non dare un minimo di sicurezza. Infatti la cultura laica, rifiutando e disattendendo una meta futura, fissa gli occhi sul presente con i drammatici risultati: senso di insicurezza, solitudine, vuoto, paura, illusioni sull’occulto, conseguenze e condizionamenti tutti questi, per l’uomo che non trova più le motivazioni vere e definitive del suo operare e del suo vivere. «Vedranno il figlio dell’uomo venire»Sicuramente a questa espressione non è sottesa l’idea di un Dio vendicativo che viene, ma piuttosto vivere questa venuta nella gioia della presenza di Colui nel quale il Regno di Dio atteso e implorato, si è già realizzato una volta per tutte. Semmai la nostra fede dovrà lavorare per il pieno compimento, per quel «non ancora» affidato al tempo ma soprattutto a coloro ai quali la fede chiede di trasformarsi in vita. È un invito alla fiducia e alla speranza, quello che ci suggerisce il salmo: «Proteggimi, o Dio , in te mi rifugio.. senza di te non ho alcun bene.. Il Signore è mia parte di eredità. Nelle tue mani è la mia vita» Amen! Alleluia!