Ascensione: per salire al cielo si deve passare dalla via della Croce

Letture di domenica 20 maggio, Ascensione del Signore: «Fu elevato in alto sotto i loro occhi» (At 1,1-11); «Ascende il Signore tra canti di gioia» (Salmo 46); «Cristo è entrato nel cielo» (Eb 9,24-28.10,19-23); «Mentre li benediceva, fu portato verso il cielo» (Lc 24,46-53)

DI BRUNO FREDIANI

Il duplice racconto di Luca ci fa vedere l’ascensione al cielo di Gesù secondo due ottiche diverse. Nel Vangelo essa rappresenta il finale glorioso della vita terrena di Gesù, nel libri degli Atti (prima lettura) come il punto di partenza della espansione missionaria della Chiesa.

L’Ascensione non è un fatto storico costatabile da testimoni: è un mistero che gli evangelisti ci esprimono e ci spiegano con immagini. Non si tratta di un trasferimento locale o un fenomeno atmosferico eccezionale. E’ una verità di fede, accessibile solo alla fede. Essa segna il momento in cui Gesù non ha più un volto unico, una presenza ben localizzata, ma è vivo e operante per la salvezza di tutti gli uomini. E’ presente e agisce dovunque. E’ diventato invisibile, ma non ha cessato di essere presente; anzi, è più presente che mai: l’ascensione è una intensificazione della sua presenza, una sua estensione a tutti i tempi e a tutti i luoghi. Uno sguardo attento lo scopre nel più piccolo dei suoi, nel povero dal volto sfigurato, nella comunità che si raccoglie in preghiera… Dovunque c’è amore, ricerca della verità, lotta per la giustizia, rispetto e promozione dell’uomo, là il Cristo è all’opera.

Soprattutto egli è presente con la sua Parola e con i sacramenti, e questa presenza è promessa e pegno che parteciperemo come lui e con lui alla vita presso il Padre; anzi, la realtà sacramentale già ce lo fa pregustare oggi. La assemblea liturgica che celebra con sincera adesione questi aspetti del mistero, diventa testimonianza viva dell’azione di cristo nella sua Chiesa e dell’umanità nuova da lui inaugurata con la sua ascensione presso il Padre.

«Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra». Fin dalle origini il cristianesimo afferma di rivolgersi a tutti gli uomini. Il fondamento missionario della Chiesa non sta nella necessità di salvare i pagani, ma nella obbedienza all’ordine di Gesù, ricolto a ogni cristiano di far conoscere la buona novella.

Ogni incontro con il Signore risorto e asceso al cielo è un nuovo invio in missione, e lui ci accompagna sempre nel nostro cammino. Abbandonare la missione è abbandonare lui, anche se lui ha promesso che sarà sempre con noi fino alla fine dei tempi.

Agli apostoli che continuano a fissare lo sguardo verso il cielo dove Gesù e scomparso, due angeli ricordano che è stata affidata loro la missione di essere testimoni del Vangelo. Il cristiano è chiamato a un destino meraviglioso, quello di condividere nell’aldilà la felicità stessa di Dio, ma questa si raggiunge collaborando quaggiù alla costruzione del Regno di Dio, il suo regno di giustizia, di pace e di amore. «Siate miei testimoni» ha detto Gesù agli apostoli. Significa impegnarsi, nella luce e nella forza dello Spirito, a rendere la nostra vita e quella degli altri più conforme possibile alle esigenze del Vangelo. Non si può alzare lo sguardo al cielo nella speranza di possederlo, distogliendolo dalla terra. Prima di entrare nella gloria, Cristo si è prodigato senza misura al servizio di Dio e degli uomini, fino al sacrificio supremo della morte. Al cielo si arriva sempre passando per la via della croce.