Ascensione, la festa della nostra speranza
La resurrezione è la festa della nostra fede, l’Ascensione la festa della nostra speranza. Con il Signore che ascende nella gloria, la nostra umanità è innalzata a Dio Padre. La liturgia della Chiesa ci invita alla gioia: Esulti di santa gioia la Chiesa! Ascende il Signore tra canti di gioia. Popoli tutti, acclamate Dio con gridi di gioia. Ascende Dio tra le acclamazioni. Cantate inni… .
L’inizio del Vangelo di questa domenica riferisce le ultime parole rivolte da Gesù ai suoi discepoli. Gesù li richiama su quanto è scritto nella Legge, nei profeti e nei salmi.
A questo punto incomincia il brano del Vangelo che viene proclamato. «Gesù disse ai suoi discepoli: “Così sta scritto: il Cristo doveva patire e risorgere dai morti il terzo giorno”». Notiamo questo «doveva». Nel Vangelo di Giovanni c’è l’ora, che stabilisce il cammino di Gesù, nel Vangelo di Luca c’è il verbo «dovere», che scandisce certi passaggi significativi della vicenda umana del Signore. Ne ricordo qualcuno: Gesù dodicenne, ritrovato nel tempio, così risponde a sua madre: «Io dovevo occuparmi delle cose del Padre mio». Prosegue lasciando Cafarnao, perché doveva portare la buona novella ad altri villaggi. A Zaccheo dice: «Scendi presto, perché io devo venire a casa tua…», fino al dialogo con i discepoli che rientrano a Emmaus: Gesù spiega che tutto quanto era successo a Gerusalemme doveva accadere, perché si adempissero le cose scritte su di lui.
Ciò detto, Gesù affida la missione di predicare la conversione e il perdono dei peccati, partendo da Gerusalemme per andare verso tutti i popoli. Ma prima comanda di attendere lo Spirito Santo, che il Padre ha promesso, che Gesù manderà. «Rivestiti» della sua potenza, potranno uscire ed essere testimoni. Detti questi ultimi insegnamenti, Gesù conduce i discepoli verso Betania e lì avviene la sua ascensione. Aveva lui stesso racchiuso la sua vicenda terrena in queste parole: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio il mondo e torno al Padre». San Luca rappresenta Gesù che sale al cielo come il sommo sacerdote che benedice con le sue mani alzate. Secondo il Vangelo, rimangono prostrati, in adorazione. Negli Atti fissano il cielo, come trasognati da tanto straordinario evento di gloria. Così si chiude il Vangelo secondo Luca: «Tornarono a Gerusalemme con grande gioia». Ecco il grande dono lasciato da Gesù: la gioia dell’anima, del cuore, che invade e pervade la vita. E la intride di felicità. «Gioia che il mondo irride, ma che rapir non può» (Alessandro Manzoni).
*Sacerdote cappuccino