Anche noi lottiamo nel deserto, come Gesù
Il racconto delle tentazioni di Gesù, che apre il lezionario evangelico quaresimale, – questa volta secondo il Vangelo di Luca – può essere considerato una professione di fede: alla fiducia del Cristo nella parola di Dio, sulla quale sono costruite tutte le risposte a Satana, si unisce la fede della Chiesa che riconosce in Gesù non un Messia taumaturgico, terrenista e politico, ma un Messia salvatore e liberatore (Gianfranco Ravasi).
L’iniziativa del ritiro di Gesù nel deserto risale allo Spirito (v.1): così il Vangelo ci fa capire che ci troviamo dinanzi a un momento essenziale della vita del Cristo. Nella lotta che Gesù conduce contro Satana nel deserto il cristiano ritrova la lotta, anche drammatica, che accompagna il cammino della sua vita sulla terra.
Prima tentazione: «di’ a questa pietra che diventi pane». Quale tentazione quando si ha fame! Come è allettante risolvere i bisogni materiali mettendo l’avere prima dell’essere. La scelta evangelica non è la scelta della rinuncia al pane, è la scelta di una priorità. Il significato dell’esistenza si pone oltre l’orizzonte dell’avere, anche se tra l’essere e l’avere dell’uomo c’è una connessione dialettica che ci impedisce di separarli in due versanti come se fossero indipendenti. Ma il primato dell’essere sull’avere è fondamentale.
Seconda tentazione: il potere e la gloria. Luca dà per seconda quella che Matteo colloca al terzo posto, con una scelta che manifesta la sua «teologia», alla quale giustamente oggi si fa molta attenzione. Inoltre non ci dice che è su una montagna, ma che è condotto «in alto» e che la visione dei regni della terra mostratigli da Satana avviene «in un istante» e Luca aggiunge che, oltre alla «gloria», il diavolo offre a Gesù anche la loro «potenza», per centrare l’obbiettivo della tentazione, che è appunto l’acquisto di un potere che non fa parte del disegno voluto dal Padre per il suo Messia.
Terza tentazione: il potere sullo stesso Dio. Trappola diabolica, perché determina una inversione nel cammino della fede: invece della disponibilità di Maria («avvenga di me quello che tu hai detto»), l’atteggiamento suggerito dal maligno: «dicono che tu sei buono, allora fai quello che io ti domando».
Il deserto. Gesù, all’inizio del suo ministero, «fu condotto dallo Spirito nel deserto». Secondo la tradizione, si ritirò nella zona desertica attorno a Gerico.
Secondo il «senso» biblico, il «deserto» non dice soltanto solitudine e silenzio, ma anche lotta e convivenza austera con la natura. Ricaviamo perciò l’avvertimento di una riduzione all’essenziale dell’uomo, spogliato del superfluo e delle vanità, proiettato verso alcune poche cose fondamentali (acqua, cibo, strada giusta, riparo dal sole).
L’uomo rimane solo. Faccia a faccia con se stesso. La Quaresima ci vuol riportare alla sostanza dell’esistenza cristiana.
I quaranta giorni di Gesù del deserto rappresentano i quarant’anni d’Israele nel deserto e tutti gli anni della nostra vita. Sempre la medesima fame per la mancanza di tante cose che sono o sembrano necessarie, la medesima tentazione di mettere Dio al nostro servizio, la seduzione degli idoli stranieri, le potenze mondane che garantiscono il successo.
Gesù è l’uomo – l’uomo nuovo, il nuovo Adamo – che, vincendo le tentazioni, risponde al suo nome e realizza la propria vita. Per ognuno di noi Gesù diventa il modello a cui guardare, la guida da seguire fedelmente, la strada su cui muovere i nostri passi.
*Cardinale