Wajib-invito al matrimonio

Un film palestinese è tutto sommato una rarità e induce comunque a riflessioni non banali. Wajib di Annemarie Jacir rappresenta con le modalità del road movie tutti i conflitti che possono evidenziarsi in una terra tuttora lacerata, sostanzialmente priva di identità nazionale e soprattutto sospesa tra passato e presente come in tutti quei luoghi in cui l’esistenza di solidissime tradizioni entra in conflitto con le spinte verso la modernità. Ad arricchire un argomento di per sé già solido è presente anche la tematica generazionale tra un uomo, Abu Shadi, impegnato nei preparativi per il matrimonio della figlia Amal e suo figlio Shadi. Il primo è un insegnante in pensione che non ha mai lasciato il paese d’origine, il secondo un architetto che vive in Italia e non sembra avere intenzione di fare ritorno in patria. Ciò che il figlio vede dall’esterno, il padre lo vive quotidianamente. Ed è facile capire che posizioni così diverse siano molto difficili da conciliare.

Abu Shadi deve consegnare agli invitati le partecipazioni delle nozze di Amal e, secondo tradizione, lo farà porta a porta nei quartieri di Nazareth. Shadi lo accompagna e, come prevedibile, discute con lui su tutto. Sul fatto che la madre (che si è risposata e vive in America) forse non verrà perché il nuovo marito è gravemente ammalato. Sull’opportunità di invitare un alto personaggio che a suo dire è una spia israeliana. Sulla sua sistemazione in Italia con una ragazza della quale Abu Shadi sbaglia volutamente il nome. In sostanza, su una Palestina così ricca di tradizioni cui non viene concesso di avere la qualifica di stato. Come spesso accade in queste circostanze, se i grandi problemi restano irrisolti le questioni tra padre e figlio si potrebbero conciliare davanti a un caffè.

Ricordiamo che Nazareth è una città dalla popolazione per il 60% musulmana e per il 40% cristiana. Abu Shadi appartiene alla seconda ed è quindi una minoranza della minoranza. Annemarie Jacir, poetessa, ha quindi inteso raccontare di quella parte di popolazione che pur di restare nella propria terra è disposta ad accettare discriminazioni e limitazioni. E, anche se Wajib ha qualche problema di ritmo che impedisce la fluidità del racconto, le intenzioni dell’autrice sono evidenti e condivisibili.

Non ci si dimentica mai del posto in cui ci troviamo e non si riesce a non pensare che un’occasione lieta come quella del matrimonio di una figlia non possa comunque essere costantemente legata a fattori esterni che potrebbero cambiarne gli esiti in ogni momento. È evidente, insomma, che Wajib è un film politico nonostante l’apparenza di commedia generazionale e che la rappresentazione dei contrasti tra padre e figlio ha una portata molto più ampia del semplice confronto individuale. Il wajib, cioè più o meno il dovere sociale, rappresenta la linea di demarcazione tra un anziano assuefatto alla situazione di sottomissione e un giovane che vorrebbe che tutto cambiasse secondo un idealismo battagliero poco consapevole degli effettivi margini d’intervento sul quotidiano.

È anche evidente che Annemarie Jacir ha abbastanza intelligenza da non pretendere dal pubblico una scelta di campo, nella consapevolezza che qualunque pubblico sarebbe comunque un osservatore esterno. A lei basta che due differenti generazioni trovino il modo di avere un punto d’incontro, che può essere comunque un punto di partenza. Sa bene, Annemarie, che le questioni tra padre e figlio hanno possibilità di soluzione molto più concrete della situazione politica globale. E sa che soltanto ammettendo le reciproche esasperazioni, quindi rivedendo alcuni estremismi, i due riusciranno a venirsi incontro. La cosa interessante è che i due protagonisti, Mohammad Bakri e Saleh Bakri, sono veramente padre e figlio. Il primo già visto in Private e La masseria delle allodole, il secondo in Salvo e Il tempo che ci rimane. Il loro confronto è credibile ed emozionante.

WAJIB-INVITO AL MATRIMONIO (Wajib) di Annemarie Jacir. Con Mohammad Bakri, Saleh Bakri, Maria Zreik, Tarik Kopty, Monera Shehadeh. PALESTINA 2017; Drammatico; Colore.