Venuto al mondo

Sergio Castellitto, accingendosi per la seconda volta a tradurre in film un romanzo della moglie Margaret Mazzantini, è partito armato delle migliori intenzioni: gridare a gran voce il valore della vita, la sua forza più devastante di ogni violenza, di ogni guerra, di ogni malvagità, la necessità assoluta di perseguirla indipendentemente dalle condizioni ambientali, sociali e politiche, il potere in qualche modo salvifico dell’amore. Ottime intenzioni che però, alla prova dei fatti, si concretizzano in un risultato interlocutorio, sicuramente meno riuscito ed emozionante del precedente «Non ti muovere».
Il problema principale si capisce molto presto, anche alla luce del gran lancio pubblicitario e delle frequenti interviste rilasciate dall’autore: la maggior parte delle tematiche presenti in «Venuto al mondo» sono raccontate, quindi dette, ma non trovano riscontro nel linguaggio delle immagini. Alle prese con un testo complesso e ricco, Castellitto si è perso in una sceneggiatura lacunosa che da una parte sembra dare troppe cose per scontate, dall’altra alterna minuziose descrizioni a passaggi troppo bruschi e in sostanza rivela a più riprese la difficoltà di condensare il romanzo in un racconto cinematografico che, non potendo contenere tutto, ha fatto il possibile per non lasciare indietro alcunché.
Dopodiché subentrano anche elementi tecnici quali il diverso livello nelle prestazioni degli attori: a un Emile Hirsch (il ragazzo di «Into the Wild») perfettamente a suo agio nell’incarnare una specie di artista che ama senza limiti, ad esempio, fa riscontro una Penelope Cruz troppo contenuta, quasi frenata a fronte dell’energia dell’altro.
Per non parlare di personaggi meno importanti tratteggiati con movenze anche troppo pittoresche e quasi caricaturali (il Gojco di Adnan Haskovic) oppure con reazioni eccessive non motivate dall’andamento del racconto (il Pietro di Pietro Castellitto). Tutto sommato, il problema maggiore è che un film che avrebbe dovuto coinvolgere ed emozionare finisce per tenerci a distanza e lasciarci troppo spesso indifferenti.
L’amore è quello tra l’italiana Gemma e l’americano Diego, che si conoscono a Sarajevo prima del conflitto, si piacciono e, dopo un matrimonio sbagliato (e lampo) della donna, si sposano con l’intenzione primaria di avere dei figli. I figli, però, non vengono perché Gemma è sterile. L’amico Gojco, allora, introduce Aska, che si offre come «cicogna». Le cose non andranno esattamente come gli sposi vorrebbero, anche se la verità su tutta la storia sarà rivelata solo qualche anno dopo in occasione di un viaggio di Gemma in Jugoslavia in compagnia del figlio Pietro. Diego è morto suicida, Gemma si è sposata con un poliziotto gentile che Pietro considera suo padre e Aska torna a farsi viva solo per raccontare una durissima verità, nonostante la quale sarà comunque la vita a prevalere e ad andare avanti.
Appare evidente come questa volta Castellitto sia rimasto condizionato e frenato dal testo letterario. Ciò che in «Non ti muovere» riusciva a reinventare (sbagliando molto, ma con passione), qui si limita a rappresentare senza riuscire a trasmettere quell’emozione che ci avrebbe consentito di partecipare invece di osservare dall’esterno. Così, ad esempio, proprio non si riesce a comprendere il perché dell’ossessione per la maternità che assale Gemma, detta più volte ma mai esplicata per immagini. E si fatica anche a entrare in un racconto frammentato da mille flashback nei quali alcuni personaggi si smarriscono proprio come noi.
Alla fine si ha l’impressione di un film a tesi nel quale non spira mai il soffio dell’ispirazione e dove tutto, dai personaggi collaterali alla storia recente di Sarajevo e della guerra etnica, è rigorosamente funzionale ai due protagonisti che, a loro volta, non sono costruiti fino in fondo. Apprezziamo molto le buone intenzioni di Castellitto e la sua volontà di andare controcorrente, ma per quanto riguarda la perizia tecnica e narrativa c’è ancora molto su cui lavorare. Il titolo, più importante e significativo di un semplice «Nato», è la cosa più bella del film.
VENUTO AL MONDO di Sergio Castellitto. Con Penelope Cruz, Emile Hirsch, Adnan Haskovic, Pietro Castellitto, Jane Birkin. ITALIA 2012; Drammatico; Colore